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La discarica di Ghemme costerà ancora 40 milioni ai contribuenti

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Evidenziata anche la difficile situazione dei quattro operai rimasti disoccupati

La discarica da chiudere, la cosiddetta “area vasta” da bonificare, i fondi da reperire e gestire e quattro dipendenti rimasti senza lavoro: la situazione della discarica di Ghemme è tutt’altro che semplice. Per fare chiarezza sul tema, venerdì scorso, sono stati chiamati in paese una dozzina fra tecnici e rappresentanti politici, in un incontro organizzato dalla giornalista Sabrina Marrano.

La sala Antonelli di palazzo Gallarati era strapiena e la discussione è andata avanti per più di tre ore. Ma dubbi e perplessità restano, nonostante le rassicurazioni dei presenti. E c’è anche la spada di Damocle dei 40 milioni di euro (10 per la bonifica del sito e uno per ciascuno dei 30 anni del post mortem) che dovrebbero servire per mettere la parola fine sulla vicenda.

 

Innanzitutto, occorre distinguere l’”area vasta”, che conta circa 60 ettari, dalla discarica vera e propria: l’inquinamento dell’area vasta, infatti, non sarebbe legato alla discarica, bensì al conferimento illegale di rifiuti avvenuto decine di anni fa. Ora l’area è stata inserita nella lista dei siti da bonificare della Regione Piemonte: la previsione di spesa è di circa 944mila euro. Per quanto riguarda la discarica, invece, occorre capire come procedere alla chiusura e, in seguito, come seguire il “post mortem”.

 

«Non avendo proceduto al cosiddetto processo di “capping” per chiudere la discarica, al momento l’acqua si infiltra nella struttura e crea percolato – ha spiegato il sindaco di Ghemme Davide Temporelli – abbiamo chiesto a Daneco di svuotare le vasche, ma non è stato fatto. Quindi ha preso in carico la faccenda il Consorzio. Ora ci troviamo di fronte a due filoni: da un lato, va portato a termine il capping; dall’altro, a livello più amministrativo, si dovrà affrontare la questione della mancata ottemperanza a determinati compiti».

 

Enrico Fasoli, presidente del Consorzio Rifiuti del Medio Novarese, ha fatto il punto su alcune delle situazioni emerse negli ultimi tempi: al momento l’ente sta studiando le vasche, che fortunatamente sembrano reggere, e procedendo alla rimozione del percolato. Si è inoltre parlato di un presunto pericolo di esplosione dovuta al biogas: «Da febbraio vengono eseguiti monitoraggi settimanali – ha illustrato il presidente – e non sono state rilevate concentrazioni di biogas preoccupanti».

 

A inizio maggio sono inoltre partiti i lavori per risolvere il problema della mancanza di corrente elettrica, che intanto è stato segnalato al Corpo Forestale. «Per la chiusura della discarica – ha spiegato – sono stati stimati necessari circa 28 mesi e un costo da 8 a 10 milioni. Il primo piano è quello già presentato dalla Provincia; il secondo, da analizzare, potrebbe prevedere costi più contenuti per circa 500mila euro e il terzo è la proposta di chiusura a costo zero avanzata da un’azienda, che porterebbe in discarica dei rifiuti autorizzati». Fasoli ancora una volta non ha fatto nomi, nonostante alcune sollecitazioni.

 

Ma chi pagherà? La risposta non è semplice, né tantomeno univoca: «Le aziende potrebbero fare delle offerte, oppure il costo dovrebbe essere messo in conto nella Tari» ipotizza Temporelli. Al termine dell’incontro, ha preso la parola anche un rappresentante sindacale, che ha evidenziato la difficile situazione dei quattro operai fino a poco tempo fa impiegati nella discarica e ora in “naspi”, quindi in disoccupazione. Il presidente del Consorzio ha garantito di non avere dimenticato la loro posizione e di volere cercare una soluzione.

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