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Varallo, dopo 40 anni lasciano i gestori del ”Belvedere”

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I costi di gestione hanno costretto Patrizia Cacialli ad abbandonare la ristorazione

Una vita dedicata alla ristorazione. Non solo un lavoro ma una autentica passione che ha scandito ogni tappa della vita di Patrizia Cacialli che suo malgrado si trova oggi, a causa degli elevati costi di gestione, a dover chiudere anche l’ultimo ristorante, “Il Belvedere” a Varallo.

In tutti questi anni Patrizia ha portato avanti, – dapprima con il marito Osvaldo De Dominici, noto ristoratore valsesiano, e poi con le figlie Barbara e Cristina –  numerosi ristoranti.

Una storia, la sua, fatta di saperi e di sapori, che prende avvio nel 1972 in Val Formazza quando Patrizia, cameriera in un hotel per la stagione estiva, incontra l’uomo che cinque mesi più tardi diventerà suo marito: Osvaldo, appunto.

«Dopo il matrimonio – racconta la ristoratrice – e la nascita della nostra prima figlia, Barbara, io rimasi a casa con la bambina mentre Osvaldo proseguì a lavorare nei grandi alberghi come cuoco fino a quando iniziammo a gestire insieme il “Mazzia e Pagnone” a Boccioleto. Mio marito era originario di questo piccolo comune e qui scegliemmo di vivere con le nostre figlie. Barbara, tra l’altro, iniziò qui a svolgere il lavoro di cameriera». Poi il trasferimento a Varallo: «Quando ci trasferimmo in città prendemmo in gestione il ristorante “Il Campetto”, nell’edificio in cui è ospitato l’oratorio parrocchiale, dove tutta la nostra famiglia iniziò a lavorare insieme. Successivamente gestimmo il ristorante “La Pace”,  poi chiamato “Dedo”, e poi l’“Antica Varade” fino a quando mio marito non ammalò». 

Varie vicissitudi, tra cui la morte di Osvaldo, portarono la famiglia a lavorare a Valmaggia gestendo “Il gambero rosso”: «Qui alla nostra avventura si è unito anche il marito di mia figlia più piccola, Omar Bonecchi – prosegue la ristoratrice -, che ha lavorato con me in cucina come cuoco. Il più recente spostamento ci ha portati al ristorante “Il Belvedere” di Varallo che mai pensavamo sarebbe stata la nostra ultima esperienza. Negli anni il gettito statale è cambiato e l’aumento continuo delle tasse ha reso impossibile mandare avanti il lavoro in modo da poter far fronte in modo adeguato alle necessità delle nostre famiglie. Nel corso di questi anni sono nate le mie tre nipotine e anche loro hanno vissuto l’atmosfera del ristorante portandoci a creare un’area per i bambini, molto apprezzata dai clienti, all’interno del ristorante». 

Sono tanti i ricordi legati a questa attività. «A tutti noi è dispiaciuto molto prendere questa decisione che per me – conclude Patrizia Cacialli – significa tra l’altro ritrovarmi alla soglia dei 60 anni disoccupata e alla ricerca di un occupazione».