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Cronaca

Ieri l’addio a don Gregorio Pettinaroli

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Aveva iniziato a Borgosesia il suo cammino pastorale, seguendo i giovani dell’oratorio. E alla Valsesia, dove era stato anche parroco a Cellio, era sempre rimasto molto legato anche se i successivi incarichi lo avevano portato stabilmente in diocesi a Novara. E sono stati molti i valsesiani che ieri hanno portato il loro omaggio a don Gregorio Pettinaroli, morto lunedì all’età di 84 anni. 

Don Gregorio ha servito per sessant’anni la chiesa. Originario di Gozzano, dov’era nato nel 1931, era stato ordinato sacerdote nel settembre del 1955 da monsignor Gilla Vincenzo Gremigni. Negli anni Sessanta fu coadiutore a Borgosesia e poi parroco a Cellio, paese di cui è cittadino onorario. ll sacerdote lasciò l’area valsesiano nel 1969, per passare a guidare la comunità di Galliate dove svolse la sua missione sacerdotale fino al 1986, anno in cui fu chiamato dal vescovo monsignor Aldo Del Monte a ricoprire gli incarichi di vicario episcopale per il clero e di provicario generale. E’ del 1995 la nomina a vicario generale della diocesi, designata da monsignor Renato Corti, che mantenne sino al 2012 quando don Gregorio fu  nominato canonico della Cattedrale. Con la nomina a vicario generale della diocesi, il sacerdote tornava regolarmente a Borgosesia e nelle frazioni, soprattutto in occasione delle cerimonie delle cresime, come delegato vescovile, o di altre ricorrenze. Una delle ultime visite fu alla fine dello scorso anno, a Isolella per la festività della Madonna del rosario ad affiancare il parroco don Giovanni Bossi. Il religioso è morto lunedì mattina, nella casa di cura dell’ospedale Maggiore di Novara dove era ricoverato.

Al termine del rito funebre, celebrato in cattedrale a Novara, mons. Franco Giulio Brambilla ha detto: “Don Gregorio è stato un uomo buono, generoso e umile. È stato un uomo buono. L’ho sperimentato nei primi sei mesi, dopo il mio ingresso. Ho colto la sua capacità di leggere sempre “il positivo” nelle persone, nel trovare una soluzione, nell’offrire un incoraggiamento. La sua bontà era un habitus, un modo di essere, nel senso tomista di atteggiamento costante della sua vita. Poi, è stato una persona generosa. Io non so se conoscesse una delle “regole di Pio XI”, la quale diceva: ‘Se hai un lavoro urgente, dallo a chi è già pieno: te lo farà subito!’. Lui, però, non applicava questa regola agli altri, ma a se stesso. Credo che molti di voi siano stati testimoni della sua generosità: per una sostituzione, per una messa da dire, anche a molti chilometri di distanza, per una cresima improvvisamente senza ministro. Il molto lavoro che ha compiuto il più delle volte è stato custodito nel segreto del suo cuore, non sbandierato in alcun modo. E poi è stato una persona umile. Voglio dire che dopo l’avvicendamento nel suo importante incarico, non c’è mai stata un’invadenza fuori luogo. Al contrario, si è dedicato con umiltà qui in Duomo al ministero della riconciliazione, diventando Penitenziere, con una presenza costante, sapiente, ricercata. Questa è un’eredità preziosa, che dobbiamo tenere nel cuore. Sono stato a trovarlo di recente quand’era ancora a casa: da un lato mostrava la consapevolezza della malattia, dall’altro la serenità del suo spirito nell’accettazione di quello che gli veniva incontro. Lo ringraziamo di cuore e non lo dimenticheremo. Rimarrà come degni spiriti “magni” tra i sacerdoti della nostra Chiesa locale”.

 

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