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Cultura e turismo

«Il capolavoro del Ferrari alla Madonna delle Grazie? Scoperta rivoluzionaria»

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La guida del Sacro Monte del 1566 parla di «una passione depinta nella chiesa del Monastiero con un Giuditio bellissimo»

Sulle tracce degli affreschi perduti di Gaudenzio Ferrari. Partiranno a breve i lavori per scoprire se al di sotto dello strato di intonaco che ricopre le pareti della controfacciata della chiesa di Santa Maria delle Grazie ci siano resti di quello che è conosciuto come il “Giudizio Universale scomparso” del pittore valsesiano. L’intervento voluto dall’amministrazione cittadina, ottenute le necessarie autorizzazioni della Soprintendenza, è stato affidato a una ditta di restauro di Varallo che sarà operativa una volta posizionati i ponteggi per rendere raggiungibili più zone possibili della parete. «Il nostro lavoro – spiegano i restauratori Jacopo e Sara De Dominici della ditta “De Dominici Restauri” incaricata dell’intervento – consisterà nell’eseguire alcuni saggi stratigrafici che permetteranno di capire, strato dopo strato, le vicende della parete, fino ad arrivare all’intonaco originario dove si presume fosse stato dipinto il Giudizio Universale di Gaudenzio. Le porzioni di intonaco interessate saranno collocate nei punti salienti dove è più probabile si possano trovare tracce dell’affresco». Se l’intervento andasse a buon fine e si trovassero tracce del dipinto, il mondo della storia dell’arte si arricchirebbe, mettendo in discussione tutti gli studi precedenti.

Le prime notizie del presunto lavoro di Gaudenzio risalgono alle guide più antiche dedicate al Sacro Monte. Quella del 1566 infatti parla di “una passione depinta nella chiesa del Monastiero (chiesa di Santa Maria delle Grazie, ndr), con un Giuditio bellissimo”. Notizia ripresa successivamente da Giovan Paolo Lomazzo nel 1584 dove cita, senza approfondire, un “Iudicio” del pittore valsesiano, sul conto del quale si è successivamente ipotizzato che sia stato dipinto nel periodo in cui lo fu il tramezzo di Santa Maria delle Grazie, ovvero nel 1513. L’opera dipinta sulla controfacciata, infatti, sarebbe stata la logica conclusione, come avveniva per i cicli medievali, della vita di Cristo rappresentata sulla parete antistante. Purtroppo nel tempo se ne è persa ogni traccia e il dipinto non venne più citato. Forse potrebbe essere stato coperto una volta che si decise di ampliare le aperture verso l’esterno di quella parete per far penetrare più luce. Dalle fonti si evince che precedentemente sulla facciata si apriva soltanto un piccolo oculo.

«Si tratta – spiega Edoardo Villata, studioso di Gaudenzio Ferrari e docente di Storia dell’arte moderna all’università Cattolica di Milano – di una questione sulla quale si conosce poco e non è mai stato scritto molto. Se l’intervento portasse alla luce l’affresco sarebbe una scoperta importante, che rivoluzionerebbe molti degli studi che riguardano l’artista. Ci si interrogherebbe sulla paternità, se si tratti di un’opera di Gaudenzio Ferrari o della sua bottega, sulla sua collocazione temporale e su tanti altri aspetti. Insomma costringerebbe a molte riflessioni. Sicuramente non si discosterebbe molto dagli esempi cinquecenteschi a noi rimasti in Valsesia». L’affresco quindi potrebbe essere stato spunto per i Giudizi Universali affrescati sulle facciate della chiesa parrocchiale di Zuccaro e di Riva Valdobbia dipinta da Melchiorre D’Enrico, fratello di Tanzio da Varallo.

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