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Una famiglia per accogliere Nuha, profugo 21enne colpito da infarto

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Appello lanciato da Mamre per un ragazzo colpito da infarto miocardico

Nuha Balde ha compiuto 21 anni lo scorso 10 aprile. Tempo fa è stato colpito da un infarto del miocardio. Originario del Gambia, attualmente vive, insieme ad altre trenta persone, in un centro di accoglienza a Maggiora. «Ma da questa struttura dovrà uscire e non si sa dove potrà andare», così dice Silvia Rossi Ferrario

Balde è il quarto di sei figli, di cui due minori di lui. Perso il papà quando aveva appena dieci anni, è stato affidato a uno zio che viveva nella capitale Banjul. Lì, calciatore nelle squadre giovanili della nazionale, ha frequentato la scuola fino a 12 anni. Ha continuato a giocare finché è stato ritenuto non idoneo per le formazioni maggiori. «A quel punto, poiché il parente era stato costretto a fuggire per motivi politici, è tornato – racconta Rossi Ferrario – al suo villaggio, ma ben presto ha deciso di andarsene per migliorare la situazione sua e della famiglia in quanto la madre e i fratelli conducono una piccola fattoria senza però raggiungere l’autosufficienza economica». Successivamente, probabilmente inseguendo la speranza di una carriera calcistica, Nuha ha tentato di raggiungere l’Italia, riuscendoci dopo un percorso attraverso vari paesi e otto mesi di prigionia in Libia in cui ha vissuto in condizioni terribili, con maltrattamenti quotidiani. «Ha negato, perlomeno, di aver subito violenze sessuali. È stato – aggiunge – grazie all’intervento di un fratello, che non si sa come ha inviato dei soldi agli aguzzini, che Nuha è stato imbarcato su un barcone arrivando a Lampedusa, dopo aver visto morire amici e conoscenti e aver rischiato lui stesso di perdere la vita. Portato a Novara, due mesi dopo ha avuto un gravissimo malore; una volta ripresosi, è stato inviato alla clinica “Salvatore Maugeri” di Veruno per la riabilitazione. Lì ha realizzato che la sua speranza di diventare un calciatore in Italia si era definitivamente azzerata; che non avrebbe più potuto svolgere attività pesanti o stressanti; e che avrebbe dovuto impiantare un defibrillatore, cosa, avvenuta qualche mese fa, affrontata con molta paura e demoralizzazione. Nel frattempo, alcuni operatori della fondazione gli sono stati accanto e l’hanno aiutato a trasferirsi in una casa più vicina a Veruno». Eccolo così giungere prima a Vacciago di Ameno e poi a Maggiora. A giugno s’è tenuta l’udienza a Torino per l’asilo politico: gli è stato concesso il permesso umanitario per due anni. «Che gli sarà rinnovato – spiega – date le sue condizioni di salute che attualmente sono stabili: deve prendere ogni giorno dei farmaci e sottoporsi a dei controlli un paio di volte all’anno. Psicologicamente ora è più tranquillo perché non è mai stato lasciato solo: s’è cercato di rassicurarlo e di provvedere ai suoi bisogni materiali e di conforto affettivo. Nel frattempo, Nuha ha maturato l’idea di diventare un barista. Purtroppo, però, non si riesce a farsi mandare dal Gambia il diploma scolastico. Frequenterà quindi la terza media e poi verrà iscritto a un corso professionale. In seguito, confidando in un micro-credito, potrebbe tornare nel suo Paese ad aprire un piccolo bar-gelateria, aiutando così la famiglia e potendo permettersi di pagare le cure».

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