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Alagna ricorda don Gnifetti: sua la prima ”guida turistica” della valle

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Nel 150° della morte dell’alpinista

La storia di don Giovanni Gnifetti in un libro a 150 anni dalla morte. E’ stata presentata al teatro dell’Unione Alagnese la pubblicazione “Don Gnifetti 1867-2017. 150° dalla morte”, promossa da sportello linguistico del Comune di Alagna, Lions Club Valsesia, Centro Culturale Walser Gmai e Unione Alagnese, contenente la ristampa della II edizione delle: “Nozioni topografiche del Monte Rosa ed ascensioni su di esso” di Don Giovanni Gnifetti, pubblicata nel 1858 – trascritta da Paola Gorla dall’autografo del sacerdote – e il nuovo libro: “L’eredità di Don Gnifetti”, contenente tre interessanti saggi di Elisa Farinetti, Massimo Bonola e Enrico Rizzi.

«Nel salone del teatro è stata allestita una mostra con le edizioni originali delle opere del Gnifetti – spiega Piera Mazzone direttrice della biblioteca di Varallo -. Adolfo Pascariello ha presentato la serata, sintetizzando il contenuto della ristampa di un’opera che anticipava le moderne guide turistiche, ideata e progettata per far conoscere e valorizzare il paese, favorendo il turismo, ed illustrando il cartoncino commemorativo, realizzato per questo importante anniversario, raffigurante il busto di Don Gnifetti, di autore anonimo con la croce di cavaliere di San Maurizio e Lazzaro e il ritratto post mortem eseguito dal pittore Pier Celestino Gilardi mentre nella parte interna compare la riproduzione di una fotografia che ritrae don Gnifetti, il teologo Farinetti e alcuni turisti, accanto ad una foto dell’archivio Sella, che raffigura la cima del Monte Rosa, prima della costruzione della Capanna Margherita».

E’ stata presentata da Elisa Farinetti la figura di don Gnifetti. «Don Gnifetti divenne parroco di Alagna nel 1834 e lo restò ininterrottamente fino alla morte, avvenuta a Saint Etienne – scrive Mazzone -.. Fu un parroco amato e rispettato dai suoi compaesani perché: “Era uno di loro, parlava, confessava e predicava in tittschu”, era in contatto con Albert Schott, studioso svizzero che conduceva una campagna di ricerca sulle comunità di lingua tedesca a sud del Rosa, al quale il parroco fece pervenire la traduzione in dialetto alagnese della parabola del Figliol Prodigo. Elisa Farinetti nel suo saggio riproduce il frontespizio del volume: Die Deutschen Colonien in Piemont Ihr Land Ihre Mundart Und Herkunft, un’edizione rarissima, presente nel Fondo Alberto Durio della Biblioteca Civica “Farinone-Centa” di Varallo».

E aggiunge ancora: «Gnifetti amava la montagna e aspirava a salire sempre più in alto, per sentirsi maggiormente vicino al Creatore, ma seppe anche mettere in luce tutti i problemi legati alle ascensioni in montagna, con avvertenze ancora oggi valide per chi voglia affrontare oggi un 4.000 metri». Scrive ancora Mazzone: «Lo storico Massimo Bonola, docente di storia e filosofia presso il Liceo Classico di Varallo, ha proposto un’originale riflessione sulla figura del parroco curato nell’élite del clero valsesiano, partendo dall’analisi di cinque figure importanti, tutte appartenenti al secolo liberale, che in Valsesia fu caratterizzato da un acceso anticlericalismo: il canonico Sottile, lo scienziato Don Pietro Calderini, il Botanico Abate Antonio Carestia e il Canonico Aurelio Turcotti, che fu Deputato.

Don Gnifetti, in questo panorama di eccellenze, rappresenta un’eccezione: è l’unico che fu parroco di Alagna, un paese aggregato all’impero napoleonico e che dal 1809 non aveva più un parroco titolare. Quando Gnifetti fu nominato parroco dovette riorganizzare completamente la comunità, sia dal punto di vista religioso che sociale, operando per costruire un delicato equilibrio e occupandosi dei problemi sociali dell’emigrazione. Enrico Rizzi ha posto in luce due concetti importanti: “Non è affatto vero che i Walser non salissero in montagna: la storiografia alpina è stata scritta dagli alpinisti che pretendevano di esserne i protagonisti, che scalavano le vette con intenti agonistici, ben diversi da quelli che animavano Don Gnifetti” e non corrisponde a verità ciò che si legge nella prefazione di un volume pubblicato qualche anno fa: “La scoperta del Monte Bianco”, che la storia della conquista delle principali cime montuose sia stata un’invenzione del protestantesimo. Gnifetti ha conquistato il Monte Rosa e quindi ebbe un ruolo importante nella storia dell’alpinismo».

Pascariello ha concluso ringraziando tutti coloro che hanno collaborato alla riuscita della manifestazione: da Paola Leonoris, che ha creato gli audiovisivi, a Davide Filiè, che ha letto uno scritto di Gnifetti in lingua Walser, a Paola Borla, Pier Luigi Moretta, Donata Farinetti.

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