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La Madonna dormiente da Varallo a Bergamo: al restauro la statua del Sacro Monte

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L’ultima “uscita” della statua del Sacro Monte era avvenuta nel lontano 1949

La statua della Madonna Dormiente ha lasciato il Sacro Monte per essere restaurata. Ora si trova a Bergamo, dove i lavori si protrarranno fino alla fine del mese di marzo 2018. Per il “tesoro” del santuario, tra i più cari ai varallesi, si tratta  di un evento davvero storico. Il simulacro, infatti, non “scendeva” dal Sacro Monte dal 1949, anno in cui fu portato in processione a Varallo per l’ultima volta. In quell’occasione la comunità e la parrocchia donarono l’urna in cui la statua è rimasta fino all’altro giovedì.

Prima della partenza della Madonna Dormiente alla volta della città lombarda, suor Maria Lucia, benedettina dell’Isola di San Giulio, ha provveduto a deporne gli abiti: anch’essi saranno sottoposti a un lavoro di restauro, per il costo di circa 8mila euro. Al calcolo della spesa  vanno aggiunti altri 6832 euro, compenso per la bottega di restauro di Luciano Gritti, al quale è stato affidato il compito di far tornare a splendere la Vergine del Sacro Monte.

«Con l’occasione, si sta pensando inoltre di sostituire l’urna attuale con quella utilizzata dal 1854 al 1949, che meglio si armonizzerebbe con la cripta circostante», fa sapere padre Giuliano Temporelli, rettore del santuario.

Questo restauro rappresenta una pietra miliare per la storia della statua, dalle origini incerte e avvolte dalla leggenda. Racconta padre Temporelli: «Secondo quanto scrive Padre Manni  su un Bollettino del Sacro Monte del 1951, risulta che il professor Emilio Contini abbia tinteggiato il volto e le mani della Vergine, facendoli così tornare al loro colore originale. Oltre a questa notizia non si hanno informazioni su altri restauri della Madonna Dormiente». Molto incerta è anche l’attribuzione dell’opera: secondo la tradizione la statua sarebbe stata portata da Costantinopoli a Varallo da Bernardino Caimi, fondatore della “Nuova Gerusalemme” montana. Ipotesi più recenti ne fanno invece ricadere la paternità su Gaudenzio Ferrari, facendola così risalire alla fine del XV secolo.

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