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«A Serravalle patetica e inutile la protesta contro la corsa degli asini»

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Lettera aperta di un cittadino dopo le contestazioni dello scorso fine settimana

In merito alla protesta contro la corsa degli asini del Palio di Serravalle messa in atto lo scorso weekend da un gruppo di manifestanti, riceviamo e pubblichiamo la considerazione di un cittadino.

«A volte ci vuole proprio solo un attimo a trasformare una buona idea in una figura miserrima; basta sbagliare il luogo o l’ora o anche solo il modo con cui si dicono le cose e lo scivolone è dietro l’angolo. Capita così che la contromanifestazione al Palio di Serravalle messa in atto da un gruppo di vegani, magari pur nelle loro migliori intenzioni, sia stata vista come una triste pagliacciata; e non c’è nulla di più patetico di un clown che non fa ridere. Il veganismo nasce come filosofia in India, per poi essere esportata negli Usa e in Europa, il cui fine è proteggere gli animali dallo sfruttamento e ha, come riflesso, una dieta priva di proteine di origine animale. Il punto della questione è su dove debba essere messo il confine per la parola “sfruttamento” perché mentre tutti possiamo dirci contrari a forme di violenza contro gli animali come i cani da combattimento o la vivisezione, ben più difficile diventa stabilire se è sfruttamento o maltrattamento se si considerano altre forme di convivenza. Nella convivenza entra in gioco un rapporto reciproco tra animale e uomo e la teoria del “in natura sarebbe libero” è piuttosto aleatoria in quanto non è assolutamente detto che un animale lasciato senza vincoli decida di andarsene dall’uomo, di scappare: in molti casi all’animale viene garantita una sicurezza alimentare ed una protezione dalle aggressioni che allo stato brado non potrebbe avere.

Il punto di equilibrio sta nel dare-avere nel rapporto con gli animali, nel rispettare la loro etologia e le loro necessità, nel ricevere in cambio i loro prodotti, lana o latte, o la loro carne in funzione della cultura e abitudini del luogo. Quindi, e qui arriviamo alla questione Palio di Serravalle, il fulcro è una questione culturale: ciò che fa parte degli usi e costumi di una popolazione può piacere o non piacere, ma non può essere giudicato e condannato secondo il metro di altre culture, di altri modi di vedere e intendere la vita, se questo ricade all’interno di diritti universalmente riconosciuti. La cultura di un popolo è il popolo stesso, non si possono separare le due cose senza sradicare le persone, separarle, scioglierle in mare di sabbia. I libri di storia sono pieni di esempi di popoli distrutti, non da guerre, ma dalla dissoluzione del loro tessuto sociale.

Nello specifico, per quanto riguarda la salute degli asini che corrono, nel corso degli anni c’è stata una serie di modificazioni al regolamento della corsa degli asini tutte volte alla benessere dei quadrupedi, alla loro sicurezza, arrivando a farli correre sulla sabbia messa intorno al campo sportivo della Barca, in presenza di un veterinario che certifica lo stato di salute degli animali, l’idoneità alla corsa e presiede l’intera gara. Tutto nel rispetto della normativa vigente. Ma la manifestazione del Palio, dalla sfilata alle serate in teatro, dalla cena ai colori delle bandiere che riempiono il paese è “solo” una bella festa di paese; qualcosa che unisce i serravallesi, a cui molti lavorano tutto l’anno per gli spettacoli, per i costumi, per la sfilata, per i bambini che non vedono l’ora di riversarsi nelle strade vestiti da armigeri o da dame medioevali, per gli adulti che sfilano e altri adulti che guardano e fanno la conta annuale. In questo sta il Palio e la corsa degli asini è una minima parte, seppur fondamentale, di tutta la manifestazione.

Per questo ho trovato patetica e fuori luogo l’esternazione vegana, fatta di insulti, anche pesanti ed epiteti al limite della denuncia per diffamazione, contro persone che nel rispetto pieno della legge italiana si stavano solo divertendo e celebrando la propria unità di compaesani. Per la sua capacità di unire e di portare la gente in strada: lunga vita al Palio!».

Claudio Ambrogio Ercoli

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