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Frana blocca la strada verso la diga in alta Valsessera

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Per tornare alla normalità bisognerà intervenire con un lavoro di riqualificazione

Una frana blocca l’accesso alla diga in alta Valsessera. Lo smottamento è sceso nei giorni scorsi nei pressi del ponte della Babbiera, ovvero nel tratto sterrato dopo la centrale che sale verso la diga. «Abbiamo effettuato un sopralluogo – spiega il sindaco Mario Carli – e abbiamo già avuto un incontro con Edison che ha realizzato una pista di accesso per raggiungere l’invaso». E’ stata informata anche la Regione per il settore opere pubbliche. «Dalla montagna è sceso diverso materiale che ha bloccato la strada – spiega Carli -, ma anche un pezzo di carreggiata ha ceduto». Per tornare alla normalità bisognerà intervenire con un lavoro di riqualificazione.

Amministrazione comunale e tecnici nei giorni scorsi hanno effettuato un sopralluogo. «La frana è caduta nel territorio di Trivero – spiega il sindaco – proprio appena prima del ponte della Babbiera. Faremo un incontro con la Regione ed Edison per capire come procedere». La strada in sterrato ha alle spalle ormai diversi anni, già in passato prima della centrale si era segnalata una frana. La via è funzionale soprattutto a Edison per i lavori di manutenzione e gestione dell’invaso delle Mischie.

Stiamo parlando di un’opera storica. I fratelli Mario ed Ermenegildo Zegna ottennero negli anni Trenta il permesso per impiantare una centrale idroelettrica in località Piancone, a 7 chilometri da Trivero, dove si incontrano il torrente Sessera e il rio Confienzo. L’opera, progettata dall’ing. Mario Castelli di Trivero, era destinata ad alimentare energeticamente il lanificio “Fratelli Zegna di Angelo”. I lavori, affidati al geometra Mario Vineis, iniziarono nel 1938 e furono ultimati nel dicembre di quello stesso anno. Prima di poter procedere con la costruzione della centrale si dovette realizzare una via d’accesso, tracciando quella che si può chiamare la “strada della Valsessera”, che dalla frazione Castagnea di Trivero arriva al Piancone, fino a quel momento raggiungibile solamente a piedi.

Fu un’opera senza dubbio ardimentosa, che dovette procedere in un paesaggio di dirupi e costoni rocciosi e che impegnò le maestranze dall’inverno del 1934 al 1937. Solo in un secondo tempo si poté dar vita alla struttura della centrale, impiegando ben 135mila giornate di lavoro e 60mila chili di esplosivo per plasmare il terreno sconnesso e impervio. Il risultato fu un edificio sobrio e piuttosto austero, con grandi vetrate, posto a pochi metri dalla galleria dalla quale esce la condotta forzata che convoglia le acque dei torrenti Sessera e Dolca.

 

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