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«Infermieri a domicilio, Valsesia penalizzata rispetto a Vercelli»

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Paolo Tiramani chiede che l’Adi funzioni come nel resto della provincia «Ma per farlo serve personale»

Personale ridotto e orario di servizio a tempo parziale, dalle 8 alle 18: così, in Valsesia, l’assistenza domiciliare integrata (Adi). A sollevare la questione è l’assessore comunale di Borgosesia Paolo Tiramani. «Nell’ultimo anno la situazione è molto migliorata – commenta Tiramani -, si è passati da un servizio offerto dal lunedì al venerdì alla copertura dei 365 giorni l’anno. Questo non può che farci piacere, ma l’Asl potrebbe fare ancora meglio e aumentare il personale, incrementando l’orario».

Fino allo scorso anno vi era una forte disparità tra il servizio Adi in Valsesia e nel vercellese, poichè esistevano due differenti distretti. Con l’unificazione le differenze si sono assottigliate: ora il servizio viene offerto ovunque sette giorni la settimana, ma restano disparità per quanto riguarda gli orari. «E questo perchè varia molto il numero degli addetti – spiega l’assessore borgosesiano -: nel vercellese ci sono 20 operatori, in zona Santhià 12, mentre in Valsesia non superiamo i sei. Va da sé che non possono coprire tutti i turni: e così se nella parte bassa della provincia l’Adi viene garantita dalle 8 alle 20, qui inizia sì alle 8 ma si protrae solo fino le 15. Ovviamente ci fanno piacere le migliorie apprtate negli ultimi mesi, ma penso che si possa fare di più. E credo che si farà: di recente la direttrice del distretto si è impegnata ad ampliare gli orari del servizio anche in Valsesia».

Come si legge nello stesso sito dell’Asl, il servizio Adi assicura alle persone affette da patologie gravi, in condizioni di non autosufficienza o malati terminali, cure sanitarie al proprio domicilio, attraverso visite del medico di medicina generale e dei medici specialisti, prestazioni infermieristiche, riabilitative e di assistenza alla persona. In pratica rappresenta un’alternativa al ricovero ospedaliero, qualora le condizioni cliniche lo consentano, o permette di proseguire le cure dopo il ricovero. Ovviamente prevede la collaborazione dei familiari o di altre persone che si prendano cura del malato; la proposta di attivazione viene formulata dal medico di famiglia. «Per determinati pazienti l’assistenza domiciliare è indispensabile ed è normale che se questa non viene garantita al cento per cento dall’Asl – conclude Tiramani – gli utenti devono rivolgersi altrove e andare da specialisti privati».

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