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Portula: ecco perché abbiamo detto no al progetto Sprar

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I motivi sono la copertura finanziaria non garantita e l’eccessivo impegno richiesto al personale comunale

Sono due i motivi per cui Portula ha detto no al progetto Sprar adotatto da Coggiola e Pray: la copertura finanziaria non garantita e l’eccessivo impegno richiesto al personale comunale. A sollevare la questione in paese è stata la minoranza con un’interrogazione discussa nell’ultimo consiglio. Scrivono Norma Marchi, Antonio Ferrari e Barbara Passuello: «Lo Sprar è un’occasione per i sindaci e le loro comunità di avere una presenza sostenibile, di qualità, trasparente dal punto di vista amministrativo e gestionale». Aggiungono poi che non prendendo parte al progetto «il Comune ha rinunciato a diventare un punto di riferimento forte sul territorio per tutte le azioni in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale». La minoranza ha quindi interrogato il sindaco sui motivi per cui non ha lavorato in collaborazione con Coggiola e Pray e non ha portato la questione in consiglio.

E il primo cittadino Fabrizio Calcia Ros chiarisce: «A maggio come amministrazione abbiamo incontrato il prefetto con i sindaci di Pray e Coggiola. Si è ritenuto opportuno non aderire al bando in primo luogo per una questione economica, in quanto il Ministero dell’interno non sempre garantisce la copertura finanziaria e il rischio è che il Comune si faccia carico delle spese. Poi Portula non dispone di immobili di proprietà da mettere a disposizione per l’apertura di uno Sprar. Teniamo infine conto che la gestione del progetto richiede anche l’impiego costante di personale comunale, già numericamente ridotto per le esigenze dell’amministrazione». Ma Calcia Ros non vuole sentire parlare di mancata collaborazione: «Come giunta abbiamo sempre preso parte a incontri e riunioni con Coggiola e Pray».

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