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Rimella ricorda Angela Buccelloni, vera donna delle nostre montagne

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Rimella ricorda Angela Buccelloni, vera donna delle nostre montagne

Rimella ricorda Angela Buccelloni, volto storico del paese.

Rimella ricorda Angela

Sono parole di stima e dolcezza quelle scelte da Piera Mazzone per ricordare l’amica Angela Buccelloni. «“Angela, Angela, angelo mio / Io non credevo che questa sera / Sarebbe stato davvero un addio / Angela credimi, io non volevo”. Le struggenti parole della canzone di Luigi Tenco racchiudono l’incredulità per un sorriso che si spegne per sempre, almeno su questa terra, per i nostri occhi umani. Angela Filippa Buccelloni era nata a Rimella, che per lei, il marito Carlo, i figli, le nuore e i nipoti, era rimasta la “casa” del cuore, dove avevano trascorso giorni leggeri e gioiosi. Da quando Carlo si era spento, Angela coraggiosamente aveva cercato di mantenere quel sorriso e con grande generosità, pur vivendo nella sua casa, tra i suoi ricordi, continuava a dare affetto ai figli, alle nuore, ai nipoti, al fratello, con il quale aveva condiviso un’infanzia privata troppo presto della presenza della mamma».

Con Carlo

«Era una persona buona e generosa verso il prossimo: mai l’udii pronunciare giudizi malevoli. La incontrai per l’ultima volta a Varallo, in Biblioteca, dove l’accompagnò la nuora Sonia: era orgogliosa di essere con lei e di fare una passeggiata, la stimava e l’amava, accarezzandola con quel suo sguardo ricolmo di dolcezza. Si è spenta in una calda notte di luglio: la sua anima avrà certamente trovato la “finestrella delle anime”, “Seelabalgga”, per innalzarsi lassù dove l’attendeva il suo Carlo, ed insieme resteranno i numi tutelari di quell’antica dimora rimellese».

Discreta e silenziosa

«Angela, persona paziente, educata, gentile, operosa, che vestiva con orgoglio l’antico costume rimellese, mi aveva insegnato la ricetta della Tarte Tatin, ma la sua resterà la migliore, dolce e delicata da sciogliersi in bocca: quel rovesciarla sul piatto di portata, inondata del caramello sprigionato nella cottura, è una metafora del suo atteggiamento verso la vita, di quel saper attendere il momento giusto per assaporare le cose belle e buone, sciacquando la “pentola” dalle incrostazioni di un faticoso quotidiano. Discreta e silenziosa non amava mettersi in vista, ma proprio per questo si noterà la sua assenza: mi mancherà il suo affetto sincero».

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