Sedici sindaci scrivono alla Regione: punto nascite a Borgo, così si chiude

Sedici sindaci scrivono alla Regione: punto nascite a Borgo, così si chiude. Un gruppo di amministratori valsesiani chiede soluzioni alternative.

Sedici sindaci scrivono alla Regione: punto nascite a Borgo, così si chiude

Dalla bassa Valsesia fino ad Alagna, sono sedici i sindaci della zona che hanno scritto all’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi e al direttore dell’Asl Vercelli Marco Ricci. Chiedendo insieme di rivedere le decisioni sul punto nascite di Borgosesia, che a loro dire si sta avviando “a una sostanziale chiusura”.

Come è noto, il progetto presentato da Riboldi nelle scorse settimane prevede che al Santi Pietro e Paolo si possa continuare a nascere, a patto che non ci siano problematiche o rischi. In quel caso, la madre verrebbe accompagnata a Vercelli. Un modo per tenere aperta l’attività pur essendo abbondantemente sotto le soglie minime di parti all’anno.

“Serve una soluzione diversa”

Ma per i sedici sindaci questa soluzione che ai sedici sindaci non piace. «Siamo consapevoli delle criticità esistenti, ma riteniamo indispensabile garantire pari dignità rispetto ad altri territori che presentano analoghe difficoltà, valutando soluzioni alternative che prevedano un modello integrato con altri ospedali, in primis con quello di Vercelli, ma anche e, forse soprattutto, con quello di Borgomanero».

La lettera è firmata da Maria Vittoria Casazza (sindaco di Gattinara), Roberto Veggi (Alagna), Moreno Uffredi (Balmuccia), Walter Fiorone (Boccioleto), Miriam Giubertoni (Campertogno), Vittorio Bertolini (Carcoforo), Anna Baingiu (Fobello), Roberto Sella (Lozzolo), Marilena Carmellino (Mollia), Davide Ferraris (Piode), Riccardo Peco (Rimella), Gianmario Taraboletti (Roasio), Pietro Bondetti (Varallo), Roberto Beatrice (Grignasco), Tiana Nicoloso (Prato Sesia) e Alessandro Carini (Romagnano).
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Le proposte degli amministratori

Gli amministratori avanzano quindi alcubne proposte «al fine di mantenere il servizio nella sua completezza e non solamente sulla carta, assicurando sicurezza e continuità assistenziale. Qualora, invece, nonostante questa richiesta e le relative proposte, la chiusura dovesse essere di fatto confermata, riteniamo fondamentale prevedere una modalità di gestione del servizio totalmente differente rispetto a quella prevista che, a nostro avviso, non è assolutamente adatta al contesto in cui viviamo e a garantire un servizio di qualità alle donne valsesiane».

«A nostro avviso ci sono le condizioni per prevedere un percorso territoriale strutturato che mitighi il disagio derivante dalle distanze verso altri punti nascita e garantisca assistenza qualificata alle madri e ai neonati. In particolare, proponiamo la possibilità per le future mamme di partorire dove preferiscono, ma con la garanzia di assistenza ostetrica a domicilio; inoltre, si potrebbe pensare alla dimissione protetta con “degenza a domicilio” per il sostegno nella gestione del neonato».

«Un altro spunto di riflessione potrebbe essere quello di creare una rete integrata e operativa tra ostetriche, pediatri di base e pediatri ospedalieri, in modo da ridurre accessi impropri sia al pronto soccorso sia agli studi pediatrici. Infine è necessario garantire la piena equità di accesso ai servizi tra chi vive nelle aree prossime all’ospedale e chi risiede nelle zone più periferiche. Un modello di questo tipo consentirebbe di salvaguardare la qualità dell’assistenza, valorizzando la sanità territoriale e riducendo le disuguaglianze legate alla collocazione geografica».

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