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Cronaca

Femore trovato a Postua: tutto fa pensare che sia di “Carlin”, scomparso da sei anni

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Coggiola indagini

Femore trovato nei boschi di Postua: potrebbe appartenere a Giancarlo Angelino Giorset, scomparso nel 2014 sul monte Barone.

Femore trovato a Postua

Proseguono le indagini per capire a chi appartenga l’osso ritrovato nei boschi di Postua. Appena uscita la notizia molti in zona si sono ricordati del “Carlin”, ovvero Giancarlo Angelino Giorset, che sparì il 25 agosto 2014 dopo essere salito al Monte Barone da Coggiola. Aveva 59 anni. Un luogo poi non così lontano rispetto a dove è stato ritrovato l’osso. A far accendere le speranze che possa trattarsi di un resto del “Carlin” sono gli amici, visto che da quanto comunicato si tratta di un osso con una protesi. E Giancarlo Angelino era stato appunto operato a una gamba. A trovare l’osso è stato un escursionista che giovedì era impegnato in una passeggiata lungo l’alpe L’Aigra, che si trova nel comune di Postua, ha notato lungo la riva del torrente Strona uno strano osso. Fin da subito gli è sembrato appartenere a un essere umano, perché presentava una protesi. Per la precisione, è stato Mauro Balossetti a fare la scoperta: era con la moglie infermiera a fare una passeggiata quando ha notato l’osso.

Le ricerche

La donna ha confermato che si trattava di un osso umano. «L’abbiamo messo in un sacchetto e portato a valle mostrandolo anche al sindaco e avvertendo i carabinieri», ha spiegato.
Gli uomini dell’Arma della stazione di Serravalle venerdì mattina hanno organizzato e avviato le ricerche per verificare l’eventuale presenza di altri resti nella zona. All’operazione, oltre ai militari dell’Arma, hanno preso parte anche i vigili del fuoco di Varallo. Per il momento non sono stati trovati altri resti in zona, ma è possibile che ci siano.

Il numero

Parallelamente i carabinieri stanno svolgendo tutti gli accertamenti necessari per risalire all’identità della persona cui apparteneva in vita il reperto osseo ritrovato, un femore. Qualche elemento dal quale partire c’è già. Innanzitutto la protesi, come è ovvio che sia. Un segno di riconoscimento che permette di restringere di molto il campo di ricerca. Si lavora anche sul reperto osseo, incrociando i dati con quelli di pazienti che hanno subito quel tipo di interventi chirurgici. Oltretutto si tratta di un genere di protesi numerato, dettaglio che potrebbe rivelarsi fondamentale per scoprire l’identità della persona alla quale apparteneva.

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