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Cronaca

‘Per affrontare il Falconera ci vogliono umiltà e conoscenza alpinistica’

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Ferruccio Baravelli torna sui soccorsi al Falconera: quattro persone in due giorni

Dopo l’intervento per riportare a terra quattro escursionisti in pochi giorni lungo la ferrata del Falconera di Varallo, Ferruccio Baravelli vuole sottolineare l’importanza di affrontare il tracciato con umiltà e soprattutto con la giusta preparazione e le dovute conoscenze.
«Mercoledì sera alle 18 sono salito a sistemare il registro di vetta della ferrata Falconera e dal basso ho visto salire due alpinisti che salivano molto bene e spediti. Al ritorno alle 19, 10 ne vedo invece altri due che salgono con grosse difficoltà. Il primo molto distante dal secondo, primo fatto anomalo, e il secondo appiccicato alla roccia e visibilmente spaventato che si muoveva molto lentamente. Non stavano chiedendo aiuto e quindi non ho ritenuto necessario alcun intervento….. Dire però che  questi due alpinisti fossero dotati di “buona esperienza in tema di arrampicata” mi sembra improprio, come dimostrano i fatti oltre alla mia seppur opinabile testimonianza. Ne ho parlato la mattina successiva con una persona e speravo proprio che anche se con qualche difficoltà tutto fosse finito per il verso giusto. Verso sera apprendo invece che i due sono stati soccorsi perché sfiniti già nella parte iniziale, ben lontana dai passaggi atletici e più delicati che la rendono difficile !!!
Il fatto che sia una ferrata facile da raggiungere non significa che sia anche facile da percorrere e questo dovrebbe prima o poi entrare nella testa della gente, specie dopo che qualcuno si appresterà a pagare conti salati per il soccorso ricevuto in situazioni come queste. Abbiamo aggiunto, in accordo con le guide, dei pannelli supplementari NON OBBLIGATORI alla partenza della ferrata, ben due su ogni pannello esplicativo sia a Casa Serena che alla base della ferrata, dove si ribadisce la severità della ferrata e gli obblighi dell’utenza. Nonostante questo, qualcuno continua a non tenerne conto e a non rapportarsi con umiltà e consapevolezza nei confronti della montagna.
La fatalità, un incidente può succedere a tutti e dove meno ci si aspetta, sia ben chiaro, incluso a chi sta parlando e che non vuole pontificare. Tullio Vidoni ha perso la vita a Rima in un posto banalissimo dopo essere sopravvissuto a un K2, dove gli alpinisti in quel periodo morivano come mosche proprio sotto le valanghe. L’imperizia e l’imprudenza invece sono un’altra cosa e in verità già avevamo messo in conto che qualche recupero di questo genere ci sarebbe stato, per cui ritengo non dovrebbe meravigliare nessuno e fare tanto clamore. Probabilmente se non ci fosse stato l’incidente grave del 24 luglio questo fatto sarebbe passato inosservato e come tutti gli altri interventi che quasi quotidianamente il Soccorso fa nel periodo estivo su alpinisti improvvisati. Giusto comunque parlarne in modo adeguato e corretto, senza enfasi fuorviante, così la gente prima o poi ne prenderà coscienza, per il bene loro e di chi li deve soccorrere».

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