Cronaca
“Pino” Di Giovanni: non sono un usuraio
Giuseppe “Pino” Di Giovanni all’udienza preliminare si è difeso per due ore dalle accuse che gli vengono addebitate, scagionando altri componenti della famiglia
Macché usura: se ci sono state richieste di denaro, è solo nei confronti di clienti che non pagavano il dovuto. Anzi, l’azienda ha anche subito il furto dialcuni escavatori. Ieri Giuseppe “Pino” Di Giovanni, l’imprenditore di Romagnano accusato di usura ed estorsione con altri membri della famiglia, ha parlato due ore in sede di udienza preliminare. E ha cercato di smontare uno a uno tutti gli episodi che gli vengono addebitati.
Non solo: ha anche spiegato che altri membri della famiglia non c’entrano nulla e vanno lasciati fuori dalle incriminazioni. Per esempio, il fratello Franco «mi accompagnava, ma solo perché non volevo fare da solo tutti quei chilometri dei miei viaggi di lavoro». E anche gli avvocati si sono dati da fare per smontare l’ipotesi che i Di Giovanni e altri personaggi (14 in tutto) costituissero una vera associazione a delinquere, come invece sostiene il pm Ciro Caramore.
I Di GIiovanni sono stati definiti “banchieri criminali” dall’accusa, che addebita loro numerosi episodi di estorsione e usura emersi nell’ambito dell’operazione “Bloodsucker” del dicembre scorso: un giro di illegalità intorno a 2 milioni e prestiti con interessi che in un caso avrebbeo superato il 500%. Si riprende il 10 dicembre.
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