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Calciatore-studente albanese diventa cittadino di Romagnano

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Cristian Rama ha compiuto 18 anni a marzo

E’ nato in Italia, abita a Romagnano, studia al Fauser a Novara, gioca nel Romagnano calcio, parla praticamente solo italiano, i suoi amici sono italiani e il futuro lo vede nel Bel Paese. Peccato che fino a poco tempo fa, il 18enne Cristian Rama non era cittadino italiano ma albanese. La legge italiana infatti non riconosce lo “ius soli”, il diritto di cittadinanza per coloro che, figli di immigrati, sono nati e vivono in Italia. E così Cristian, come molti altri giovani nella sua stessa condizione, ha dovuto aspettare la maggiore età per richiedere la cittadinanza.

Cristian ha compiuto 18 anni a marzo, ma l’iter burocratico si è completato solo nei giorni scorsi. L’arrivo del nuovo passaporto è stato festeggiato anche in municipio, dove il sindaco Cristina Baraggioni ha letto l’atto di cittadinanza accompagnato dall’inno nazionale. Nato in Italia da genitori di origine albanese, Rama, secondo la normativa italiana, alla nascita ha ricevuto automaticamente la cittadinanza albanese. La legge prevede però la possibilità, al compimento dei 18 anni, per i figli di genitori stranieri nati sul territorio nazionale, di richiedere la cittadinanza italiana, se hanno vissuto stabilmente in Italia. In questo modo, chi è italiano “di fatto” lo diventa anche ufficialmente. «Credo che gran parte della mia vita si svolgerà qui in Italia – spiega il ragazzo – quindi avere la cittadinanza mi agevolerà in termini di documenti e altri adempimenti».

I suoi genitori, entrambi nativi dell’Albania, sono arrivati in Italia nel corso degli anni Novanta, qualche anno dopo il 1991, diventato famoso per il grande esodo di emigrati dall’Albania verso l’Italia in fuga dalla crisi. «Inizialmente, sono stati qualche anno a Genova, per poi trasferirsi a Vigliano. In quel periodo sono nato io – racconta Rama – ci siamo poi spostati a Villa del Bosco, dove ho frequentato per due anni la scuola materna, dopodiché ci siamo trasferiti a Romagnano, dove abitiamo attualmente. Ci troviamo bene qui».  Certo, all’inizio per la coppia, non sono mancate le difficoltà: «Non è stato semplice per loro imparare l’italiano, ma hanno fatto tutto da soli e sono stati bravi nel loro percorso». Per Cristian, invece, l’italiano rappresenta proprio la prima lingua: «Conosco l’albanese, ma più che parlarlo lo capisco. Io in casa parlo italiano. Mi capita di parlare albanese quando sento i miei nonni».

Il ragazzo ha avuto modo anche di conoscere la terra di origine dei suoi genitori durante alcune estati: «Mi è piaciuta molto. In particolare ho apprezzato la spontaneità della gente: rispetto a qui, dove c’è più diffidenza, ho trovato la gente più tranquilla e disposta a socializzare». Quello dello “ius soli” e dello “ius sanguinis”, le leggi che determinano la cittadinanza dei nuovi nati sul territorio nazionale, è un tema molto delicato e discusso. L’Italia ricorre nella stragrande maggioranza dei casi allo “ius sanguinis”, trasmettendo la cittadinanza dei genitori al figlio.

Altri Stati, invece, fra cui gli Stati Uniti, il Canada e gran parte dei Paesi sudamericani, adottano lo “ius soli”, attribuendo automaticamente la cittadinanza ai bambini nati sul loro territorio. «Non credo che sarebbe sbagliato – osserva Rama – perché alla fine chi nasce e cresce qua meriterebbe di essere cittadino italiano, se ci sono i requisiti. Personalmente, però, non ho avuto problemi nemmeno raggiungendo la cittadinanza a 18 anni: anche con la cittadinanza albanese non ho avuto grandi problemi».

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