Attualità
Cascina Alberto, Shell vuole avviare una indagine geofisica
Il comitato Dnt chiede all’azienda di rinunciare al progetto
Negli ultimi giorni del 2017 la multinazionale Royal Duch Shell, operante nel settore petrolifero, dell’energia e della petrolchimica ha depositato presso il ministero dell’Ambiente la richiesta di avvio per una campagna di indagini geofisiche nell’ambito del Progetto di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi del Permesso “Cascina Alberto”.
È stato pertanto deluso l’ottimismo di chi aveva pensato che i mesi di silenzio, seguiti al primo annuncio di queste intenzioni palesate all’inizio della scorsa primavera, corrispondessero ad una rinuncia di fronte ai numerosi pareri negativi allora raccolti nel territorio.
Durante queste settimane Shell si sta ripresentando nel territorio del Permesso “Cascina Alberto” con lettere inviate ai diversi enti con i quali aveva avuto contatti nei mesi scorsi.
E il comitato Dnt spiega: «A Shell non abbiamo altro da aggiungere rispetto a quanto è stato detto allora:
le ricerche di idrocarburi seguono una procedura ad elevato rischio di danno ambientale;
la coltivazione successiva del giacimento eventualmente individuato non farà che moltiplicare quei rischi;
questi territori sono di carattere strategico per la quantità e qualità delle risorse di acqua, destinata ad uso umano, esistenti nel sottosuolo;
la presenza nell’area di numerose altre attività a forte rischio di inquinamento impedisce di far gravare ulteriori potenziali rischi per l’ambiente e per la salute delle popolazioni presenti e future.
Queste ultime attività si sono insediate e succedute in decenni di sviluppo industriale incontrollato che spesso ha compromesso già in parte le risorse ambientali presenti (acqua, aria, terra), generando, in numerose zone, la diffusione di patologie degenerative o mortali.
Non saranno pratiche di marketing, come sta continuando a fare Shell, a poter ribaltare una analisi documentata sui caratteri economici, socio-culturali ed ambientali dei territori del Novarese, compiuta da parte nostra per contrastare il tentativo avviato da Eni. Questa questa fascia di territori piemontesi e lombardi non può essere trasformata in una sorta di Texas italiano.
Fin dallo scorso anno avevamo messo a disposizione di tutti i territori oggetto di appetiti petroliferi la nostra esperienza di comunità che si interroga sul proprio presente e sulle prospettive future, derivanti da una iniziativa imprenditoriale (quella di Eni) destinata a scardinare i modelli economici pazientemente costruiti nel territorio a partire dalla valorizzazione delle sue risorse. Tutto ciò ha fortemente incuriosito Shell che si apprestava ad avviare i suoi progetti e che, molto probabilmente, è rimasta sconcertata dall’ampiezza del nostro agire e dalla sua trasparenza, tanto da avere scelto un approccio commerciale, camuffato da falsa attenzione ai problemi del territorio e dei suoi abitanti, basato invece sulla tradizione del divide et impera, ovvero sul principio degli incontri separati in modo da evitare il confronto con più soggetti coordinati tra loro.
Avevamo illustrato, con grande trasparenza, questa “analisi” a Shell e avevamo invitato l’azienda a rinunciare a procedere nella tenace e irrinunciabile volontà di venire a devastare i nostri borghi: constatiamo che l’azienda è sorda a queste sollecitazioni. Non lo avevamo mai dubitato!
Era stato infine suggerito, e lo confermiamo anche oggi, che gli ingenti investimenti necessari per le attività di ricerca di idrocarburi liquidi e solidi nel sottosuolo del “Permesso Cascina Alberto”, e in tutti gli altri luoghi in cui Shell è impegnata ad operare, sarebbero stati messi a miglior frutto sostenendo la ricerca nel campo delle energie rinnovabili piuttosto che nello sforzo assurdo di individuare gli ultimi barili di petrolio del pianeta Terra»
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