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Cinque mesi per avere la cassa integrazione: il racconto di Emanuela

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Cinque mesi per avere la cassa: «Niente vacanze: mica facile spiegarlo a mio figlio…».

Cinque mesi per avere la cassa integrazione

Il (primo) lockdown. Il ristorante chiuso due mesi e mezzo. I soldi della cassa integrazione che arrivano col contagocce, tanto da dover rinunciare ad andare in vacanza. Lei si chiama Emanuela Saracco, vive a Cavallirio e ha un figlio di 11 anni. E la sua storia potrebbe essere quella di migliaia di donne e uomini italiani in tempi di emergenza Covid-19.

Soldi arrivati con il contagocce

«Lavoro in un ristorante a Gattinara – racconta Saracco – che ha chiuso l’8 marzo all’inizio del lockdown e ha riaperto il 23 maggio. Per questo periodo è stata attivata la cassa integrazione, ma per avere i soldi che mi spettavano ci sono voluti cinque mesi e non li ho neppure presi tutti. Manca all’appello la quota che si riferisce al periodo che va dal 2 all’11 maggio. E non ho preso ancora nulla per la cassa integrazione di luglio, quando per carenza di lavoro il mio monte ore è stato ridotto».

Un nuovo lockdown da fronteggiare

E ora che c’è un nuovo stop per i ristoranti, per la donna si profila un altro momento difficile: «Cosa devo aspettarmi adesso? Di vedere i prossimi soldi in primavera? La lunga attesa che ho dovuto fare è stata pesante e inaccettabile. Ci sono dei mutui e dei finanziamenti a cui far fronte, ho un figlio che è andato in prima media e che aveva bisogno dei libri e di tutto quello che occorre».

Per fortuna c’erano i risparmi

«Sono riuscita a sopravvivere grazie ai pochi risparmi che avevo messo da parte e all’aiuto del mio compagno che per fortuna lavora in un settore che non è stato toccato dal lockdown. Abbiamo anche rinunciato ad andare in vacanza, vista la situazione abbiamo deciso che non erano indispensabili e abbiamo fatto una scelta. Ma spiegarlo a un ragazzino di 11 anni non è stato facile».

Rimbalzi e palleggi con l’Inps

Saracco, durante i mesi in cui i soldi non arrivavano, non è stata certo con le mani in mano: «A un certo punto – spiega – ho cominciato a tempestare di mail l’Inps. Devo dire che hanno sempre risposto con tempestività, ma ricevere la cassa è stata un’impresa. Una serie di rimbalzi e palleggi che hanno allungato a dismisura i tempi. Non mi lamento della cifra ricevuta, ma sarebbe stato meglio se me l’avessero pagata in un tempo ragionevole».

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2 Commenti

1 Commento

  1. Paolo

    9 Novembre 2020 at 17:56

    Io lavoro in una ditta tessile e aspetto ancora la cassa di giugno, luglio, agosto ,settembre e ottobre
    Fortunatamente non ero a zero ore e con quel poco che prendo vado avanti con grande fatica
    E una vergogna

    • Laki

      9 Novembre 2020 at 20:54

      Fanno schifo solo parole.
      E poi pretendono di chiuderci in casa.
      Io sarei nella tua stessa situazione, posso solo dire grazie alla ditta per cui lavoro che hanno sempre anticipato loro.

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