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Coronavirus i guariti sviluppano anticorpi

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coronavirus in piemonte

Coronavirus i guariti sviluppano anticorpi: la buona notizia arriva da uno studio della Chongquing Medical University in Cina.

Coronavirus i guariti hanno anticorpi

Ci si può riammalare di Coronavirus dopo averlo contratto una prima volta ed essere guariti? Uno studio condotto dalla Chongquing Medical University in Cina, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature Medicine”, sostiene che a 19 giorni dalla guarigione dal Covid-19 il 100% dei pazienti esaminati (285 il totale) ha sviluppato anticorpi specifici contro il Coronavirus. I risultati sono stati ripresi anche dal noto virologo italiano Roberto Burioni. Come si effettua questa analisi? Rilevando la presenza (con livelli diversi) degli anticorpi IGg nel sangue, capaci proteggere l’organismo da una seconda infezione dallo stesso agente patogeno.

Una buona notizia

Pur mantenendo le cautele del caso, si tratta di una buona notizia. «Il nostro sistema immunitario monta una risposta anticorpale contro il virus, risposta che con tutta probabilità, basandosi sui precedenti di Sars-1 e Mers oltre che sui modelli animali di infezione da coronavirus, protegge dalla reinfezione o almeno dal ritorno della malattia – illustra Guido Silvestri, professore alla Emory University di Atlanta – Non possiamo sapere quanto dura questa risposta, ma i precedenti con virus simili suggeriscono che dovrebbe durare almeno 12-24 mesi».

Il vaccino

Questo, considerando la grande percentuale teorizzata di asintomatici e di persone che hanno contratto il coronavirus in forma lieve, anche senza accorgersene, potrebbe significare la possibilità di raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge”, e di sviluppare un vaccino efficace: quando una grossa parte della popolazione sviluppa una difesa immunitaria efficace, il virus non circola perché non trova più ospiti. Molto dipenderà, per trovare definitive conferme a questo studio, cosa diranno i numeri su campioni maggiori.

I test sierologici

Anche l’Italia si sta muovendo in tal senso attraverso i test sierologici. Si tratta di esami di laboratorio effettuati su un campione di sangue al fine di verificare se l’organismo ha sviluppato anticorpi contro l’agente infettivo SARS-CoV2. Le analisi possono rivelare se nei giorni precedenti il prelievo di sangue il soggetto sia entrato in contatto con il Coronavirus. Un responso positivo del test, nei casi sospetti o nei pazienti sintomatici, è una conferma di presunta infezione pregressa. Attenzione: un responso negativo potrebbe avvenire non solamente in qualcuno che non ha contratto il virus, ma anche da un soggetto che solo recentemente si è contagiato (effetto finestra negativa), quindi non ha ancora sviluppato anticorpi. Per questo motivo il tampone, sotto il fronte prevenzione contagi, resta lo strumento più efficiente.

Il contagio

Il test sierologico, infatti, non è in grado di stabilire se un paziente possa o meno essere ancora contagioso, ma piuttosto se ha sviluppato gli anticorpi. I test sierologici più accurati sono quelli venosi e non quelli rapidi: che consistono in una goccia di sangue presa dal polpastrello. Le classi di anticorpi testate sono le immunoglobuline (IgM): normalmente fanno la loro apparizione nel sangue sette giorni dopo l’attacco del virus, per poi scendere dopo la terza settimana. Dalla fine della seconda settimana dopo l’infezione iniziano a comparire nel sangue le IgG (Immunoglobuline G).

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