Attualità
“Incontrai Paoletti e mi disse: ho il cancro”
E’ stato celebrato sabato scorso a Varallo il funerale di Raffaele Paoletti, storico ginecologo che lavorò per decenni negli ospedali di Varallo e poi di Borgosesia, fino al 2011. Pubblichiamo qui un ricordo scritto da Piera Mazzone, direttrice della biblioteca di Varallo, che ne mette in risalto.
“Incontrai Paoletti e mi disse: ho il cancro”
«Il 15 dicembre 2018 in Biblioteca a Varallo iniziò il percorso di presentazione in Valsesia del prezioso volume “Elementi Liberty nel Vercellese e nella valle del Sesia”, del quale sono autori Raffaele Paoletti e Gianni Delsignore, la prima, e finora unica, opera sul Liberty nel nostro territorio. Raffaele Paoletti, frequentatore assiduo della Biblioteca, trovò nelle collezioni librarie e nella raccolta dei giornali storici materiale importante per far maturare quella che da molti anni era stata una passione nata da una predilezione estetica che si era tramutata in una ricerca storico-artistica importante.
Da autentico piemontese, Raffaele Paoletti era una persona molto riservata, cauta nell’esprimere giudizi, attento nel motivare le sue argomentazioni, educato e gentile nel formulare le sue richieste: quando mi mise a parte dell’ambizioso progetto fui felice che nascesse in Biblioteca e cercai di essergli utile nel modo più ampio possibile. Ricordo l’emozione provata nel constatare i progressi, le nuove scoperte, le case che si aprivano a Raffaele Paoletti e Gianni Delsignore, fotografo, che in perfetta sintonia, sapeva tradurre in immagini ciò che Paoletti descriveva in modo tanto appropriato ed elegante. In quel mondo di armonia e di serena bellezza, la natura aveva un posto centrale.
Qualche mese fa, incontrandolo per le scale di Palazzo Racchetti, mi gelò con la notizia di un cancro bilaterale ai polmoni, presentato con voce incolore, come un qualsiasi “incidente” della vita. Alle lacrime che non riuscivo a trattenere offrì un fazzoletto e mi invitò a riflettere sul fatto che ogni esistenza umana ha un inizio ed una fine, ricordandomi che la sua vita era stata felice e piena di soddisfazioni, sia a livello professionale che famigliare, aveva un solo rammarico: non riuscire a portare a termine il progetto di un libro sul Liberty nel Biellese, ma, aggiunse: “Mi resta il tempo per riordinare le mie cose, esprimere ancora più compiutamente l’amore che mi lega alla mia famiglia, ad Adriana e ai miei figli”. Con molta fermezza negò qualsiasi possibilità di guarigione, sperando solo di riuscire a vivere in modo dignitoso la malattia, senza gravare troppo sugli altri.
In questi mesi ci siamo rivisti spesso in Sala Studio, o al Servizio Prestito, ogni volta era più affaticato dalle scale, ma preferiva non prendere l’ascensore, quasi per valutare quali forze gli rimanessero. Gli dissi che pregavo per lui e che eravamo in molti a “tifare” per la sua vittoria, replicò: “Purtroppo l’arbitro non è imparziale e la fine della partita è scontata”. Volle fare un ultimo dono: regalare alla Biblioteca (che possiede un importante Fondo Medicina ed alcuni Fondi creati da donazioni di medici come il dottor Cavagnino, il dottor Burlazzi, il dottor Remogna) i suoi libri e alcune importanti riviste: li aveva già preparati e inscatolati, dovevamo solo accordarci sul giorno della consegna, invece è arrivata prima quell’ambulanza, alle prime ore del mattino, per un inutile corsa in ospedale. Sono passata a salutarlo, sereno, composto, con addosso un maglione da montagna lavorato a jacquard, decorazione che si ottiene intrecciando fili di vario colore, come nella vita, gioie e dolori: quel pullover morbido e caldo era per l’ultima passeggiata su questa terra, diretto verso quelle cime che sono la nostra vera meta.
Accingendomi con tristezza a ritirare la sua scheda di lettore, mi accorgo che l’ultimo libro preso in prestito è stato un giallo dello svedese Jussi Adler-Olsen: “Battuta di caccia”, restituito l’11 settembre, in copertina una pernice abbattuta, agonizzante nel suo sangue. Nelle ultime pagine Carl Mork, il capo della sezione Q, ha preso la decisione di occuparsi dell’amico Hardy, che è ricoverato alla clinica per le malattie del midollo, portandolo a casa sua, anche se ha paura: “Le cose vanno fatte al momento giusto. Finché resta tempo, perché poi all’improvviso il tempo finisce”. Non credo sia un caso aver incontrato questa frase, ma quel pensiero lo terrò caro. Anche Giovanni ha voluto dedicare a Raffaele Paoletti alcuni versi del poeta trinese Olimpio Ferrarotti: “As dev cumbati par vensi la pagura / par pudi senti ‘l gust ‘d la puisija, / par pudì respirà ‘na bucà d’aria spura”. Vede dottore quante cose ci ha trasmesso, rendendoci migliori: grazie».
Piera Mazzone
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