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La strage dell’alpe Fej nei ricordi dell’ultimo sopravvissuto

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Il varallese Giulio Quazzola vuole mantenere vivo il ricordo dei partigiani uccisi dai nazifascisti il 7 novembre 1944 in Val Sermenza

Sono trascorsi 73 anni dalla strega all’alpe Fej. I ricordi di quella tragedia, avvenuta il 7 novembre 1944 in Val Sermenza, rivivono ancora oggi grazie ai ricordi dell’unico sopravvissuto, il varallese Giulio Quazzola. Nato a Varallo Vecchio nel 1928, Quazzola giovanissimo si trasferì a Milano «dove – racconta Piera Mazzone, direttore della biblioteca civica di Varallo – venne assunto come operaio apprendista meccanico in una succursale dell’Isotta Fraschini, ma tornava settimanalmente a Varallo: nel periodo fascista i controlli erano strettissimi e bisognava sempre aver pronto il lasciapassare».

Ricorda Quazzola: «A Milano non tutte le notti si dormiva, la sirena suonava l’allarme, gli inglesi iniziavano a bombardare e tutti dovevamo ripararci nello scantinato». Fu in quel clima che maturò la decisione di salire in montagna e diventare partigiano, come racconta in un libretto disponibile in biblioteca, all’Istituto storico della Resistenza e nella sede Anpi di Varallo, in cui viene raccontato anche l’episodio che portò alla strage dell’alpe Fej.

«All’alba del 7 novembre 1944 – prosegue Mazzone – una spedizione di tedeschi e fascisti raggiunse e circondò le baite in cui alloggiavano i partigiani, ne uccisero in combattimento quattro e i loro corpi furono abbandonati tra l’incendio delle baite, altri sei furono portati come prigionieri a Rossa e cinque di loro furono fucilati a Balmuccia. Quell’episodio è stato anche ricordato da una raccolta poetica pubblicata da Pino Cucciola, Al Pueta dla Val, nel cinquantesimo dell’eccidio: il 7 novembre 1994».

Quazzola, oggi unico sopravvissuto alla strage, vuole mantenere vivo il ricordo del sacrificio di quei giovani che morirono per il sogno di un’Italia libera e democratica: «Oggi – dice – bisognerebbe riuscire a trasmettere ai nostri ragazzi un autentico amore per questo Paese e per coloro che hanno contribuito a costruirlo».

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