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Lettera da Serravalle: «Vogliamo che i nostri figli dopo la scuola tornino a casa da soli»

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«Approvato un divieto assurdo che serve solo a scaricare le insegnanti da ogni responsabilità»

Da tre genitori di alunni della scuola primaria di Serravalle riceviamo e pubblichiamo una letterain cui chiedono che i loro figli possano andare e tornare a scuola da soli.

«Serravalle non è Tokio. Questo è almeno quanto traspare mettendo assieme due notizie: la prima  è che nella capitale giapponese, stando ad una tesi di dottorato, i bambini in età da scuola primaria vanno e vengono da scuola da soli, prendono la metropolitana o i tram e riescono a muoversi in autonomia. La seconda notizia è la convocazione del Consiglio di istituto di Serravalle in cui, all’ordine del giorno, c’era anche l’approvazione del regolamento di entrata e uscita dai plessi scolastici. Il risultato della votazione, pur rientrando perfettamente nei parametri di legge, è stata la negazione della possibilità dei bambini della scuola primaria di uscire e andare a casa da soli; indipendentemente dall’età, dallo sviluppo cognitivo, dalla distanza da casa. Si è voluto andare contro la logica educativa, contro la possibilità delle famiglie di decidere per i propri figli, al solo scopo di salvaguardare giuridicamente le maestre.

Secondo una ricerca condotta dall’Università di Westminster, lasciare che i bambini vadano e rientrino da scuola da soli, agisce positivamente sul loro stato psicofisico: aumenta la loro capacità di interazione e autostima, stabilisce rapporti con il proprio quartiere, riduce il senso di solitudine tipico della adolescenza e preadolescenza e previene il sovrappeso. Ma mentre gli ultimi due punti sono ovviabili con il piedibus, solo provando la necessità di sapersi gestire da soli, i bambini si mettono alla prova e possono gratificarsi nel successo di un compito a loro assegnato e fatto in autonomia. Il piedibus è comunque un lasciare il proprio figlio in mano ad un altro adulto che lo prende in consegna, non è lasciarlo da solo. Va anche considerato che, nella progressione dell’indipendenza, il rientro da scuola ha l’indubbio vantaggio di essere a orario certo, lungo un percorso prestabilito dalla famiglia; la campanella suona sempre alla stessa ora e la scuola è sempre nella stesso posto, in caso di contrattempi si potrà sempre rintracciare il bambino. Inoltre il bambino percorre una strada nota e frequentata da persone che conosce e che possono aiutarlo o, indirettamente, controllarlo; bisogna però fidarsi, oltre che del nostro figlio, anche dei nostri vicini di casa. 

È assurdo pensare che a giugno della quinta elementare un bambino sia incapace di spostarsi da solo e, tre mesi più tardi, sia maturato tanto da andare dove, come e quando vuole solo perché è in prima media.

Tuttavia, il vuoto legislativo non prevede la liberatoria delle famiglie verso la scuola per il rientro in solitudine del bambino, così in un’ottica precauzionale (per la scuola), si è deciso di concedere al bambino di uscire dalla scuola solo se prelevato da un genitore o da persona delegata. Unica concessione alle famiglie è stata la possibilità di fare la delega sul diario anziché dover consegnare il foglio, con numero di documento del delegato, in segreteria. Poi la persona delegata, sotto la propria responsabilità (n.b.: non della scuola) può decidere di lasciare il minore che se ne vada a casa da solo; questa soluzione è stata suggerita proprio in sede di consiglio di istituto.

Quindi: il bambino non può uscire da scuola da solo, ma qualora un adulto esterno alla scuola si prenda la responsabilità di lasciarlo andare via, le maestre sono sollevate da ogni responsabilità e noi avremo insegnato a nostro figlio che le leggi ci sono, ma non vanno rispettate, vanno eluse a nostro comodo. È questo che vogliamo che i nostri figli imparino? Invece di mettere in sicurezza l’uscita della scuola ed i percorsi verso casa, invece di insegnare ai bambini e, soprattutto, agli adulti il senso civico ed il rispetto di tutti, invece di chiedere al Comune interventi per la mobilità sostenibile ci siamo trincerati dietro norme inutilmente restrittive e palesemente incoerenti: il bambino di 10 anni (nato a dicembre) che frequenta la prima media ha più libertà, e quindi più diritti, di un bambino di 11 anni (nato a gennaio dello stesso anno, ma praticamente con un anno in più) che sta finendo la quinta elementare. Non si capisce perché la scuola così pervicace nei confronti delle elementari diventa del tutto lassa nei confronti dei ragazzi delle medie.

Questo è quello che ci è sembrato che il voto del consiglio di istituto abbia espresso venerdì 30 settembre. In  mancanza di norme precise, avremmo preferito si intervenisse in modo costruttivo: ad esempio chiedendo ufficialmente all’amministrazione degli interventi per la sicurezza pedonale; ampliare il progetto di educazione stradale in strada, fuori dalle aule; campagne di sensibilizzazione o, orrore!, un’isola pedonale in orario di entrata e uscita dalle scuole».

Ambrogio Claudio Ercoli,  Stefania Travaglia, Monica Roma

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