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«Qui in Marocco a morire sono stati i poveri». Giovane di Borgosesia nei luoghi del terremoto. LE FOTO

La valsesiana ha pubblicato la sua testimonianza sul “Manifesto” e sull’“Indipendente”.

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«Qui in Marocco a morire sono stati i poveri». Giovane di Borgosesia nei luoghi del terremoto.  E’ arrivata in Marocco per raccontare la tragedia dopo il terremoto che ha fatto migliaia di vittime distruggendo interi villaggi. Monica Cillerai, giovane originaria di Borgosesia, ha pubblicato la sua testimonianza sul “Manifesto” e sull’“Indipendente”.

«Qui in Marocco a morire sono stati i poveri»: l’esperienza di una borgosesiana

«Mercoledì 13 settembre ero a Marrakech – racconta -, era una giornata di pausa dopo giorni in giro per il Marocco a testimoniare quanto successo. Siamo arrivati sabato e siamo stati nelle zone più colpite dal terremoto, dove la situazione è catastrofica».

A Marrakech è più tranquilla: «Nei primi due giorni molte persone dormivano in strada e nelle piazze per paura delle scosse. Le crepe si sono aperte sui muri dove ci sono le case più vecchie. In giro continua a girare la polizia per dare un senso di sicurezza».

Ma è nei paesi di montagna che c’è la tragedia, quelli raggiungibili solo su strade sterrate e impervie. «Più si va verso l’alto e più la situazione è pesante – racconta -. I soccorsi sono arrivati in ritardo, i primi giorni subito dopo il terremoto non c’erano. Le strade sono difficili da affrontare e forse c’è meno interesse nell’aiutare chi è già povero e dimenticato. Proprio le popolazioni montane sono quelle che hanno perso tutto». Una ragazza intervistata racconta: «Aiutano solo il centro di Marrakech, tutti gli altri restano per strada. Non c’è nulla qui»

Villaggi distrutti

Monica Cillerai ha girato villaggi che sembravano fantasma. E’ stata nel villaggio berbero di Tefaghaghte, a una sessantina di chilometri da Marrakech.

«C’è odore di morte nell’aria. – scrive nel suo articolo sul Manifesto -. Cadaveri di asini, capre e mucche compaiono tra le mura e i recinti a terra. Molte persone hanno perso tutto. A chi non è stato sottratto un famigliare, si è visto comunque sparire i propri mezzi di sostentamento, gli animali».

Con i suoi occhi ha visto la distruzione: «Sono stata in quattro paesi, uno messo peggio dell’altro. Le case di terra, fango e qualche mattone sono cadute, distrutte. In alcuni villaggi non è rimasto nulla. Difficile anche capire quanti sono i morti, sono decedute intere famiglie. In alcuni paesi è stato un massacro».

E’ stata anche ad Amizmiz, cittadina che conta qualche migliaio di abitanti. «Qui le case che sono crollate non si contano, e sulla maggior parte degli edifici ancora in piedi si aprono crepe e fessure. Nessuna casa è sicura. Porte e finestre divelte, le strade sono invase di macerie», scrive sempre nella sua testimonianza. Nel suo giro ha visto la tragedia delle famiglie: madri che hanno perso figlie e nipoti. Ha visto genitori cercare tra le macerie i figli da soli, senza nessun aiuto.

A morire sono stati i poveri

Monica si è resa conto di una cosa: «A morire sono stati i poveri. Chi aveva le case costruite peggio, o più vecchie, chi non poteva permettersi di metterle a posto coi materiali giusti. Ma anche gli aiuti e il sostegno sono andati per classi sociali». Parole sostenute da quello che ha visto viaggiando sulle montagne del Marocco, alla ricerca degli “ultimi”.

E gli aiuti? La maggior parte dei soccorsi arrivano dallo Stato, ma c’è molta solidarietà tra la popolazione stessa. Tutti si aiutano, sono comunità anche piccole che si conoscono. Molte persone da Marrakech si stanno muovendo per portare cibo, coperte e vestiti nei villaggi. C’è la protezione civile, i vigili del fuoco, ma la maggior parte sono volontari impegnati nelle strade». Finalmente nei giorni scorsi qualche aiuto umanitario si è visto: «Martedì abbiamo visto gli aiuti stranieri, personale dalla Spagna e dal Qatar, poi alcune persone delle Ong e di associazioni autonome».

Dall’idea che ha potuto farsi vedendo la situazione dal vivo Monica Cillerai è arrivata ad avere una sua precisa opinione: «Ad avere la peggio sono stati coloro che già non avevano nulla, e anche gli aiuti nei paesi più dispersi sono stati davvero minimi».

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1 Commento

1 Commento

  1. Angelo

    16 Settembre 2023 at 20:22

    come sempre in questi paesi chi ci rimette sono i poveri diavoli.

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