Attualità
Valsesiano “ritrova” due vittime italiane del Titanic
Valsesiano ritrova i nomi di due italiani che persero la vita nel naufragio del Titanic: il lavoro è dello storico Claudio Bossi.
Valsesiano ritrova i nomi del Titanic
Un romagnolo e un piemontese a bordo del Titanic. A scoprire le loro identità è stato lo storico di origine valsesiana Claudio Bossi. Era la notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 quando si consumò la tragedia. Claudio Bossi aveva già certificato la presenza sul Titanic di 38 nostri connazionali. Si trattava in prevalenza di personale del ristorante di bordo, e solo in piccola parte, solo otto di essi, passeggeri. «Non lo sapremo mai con esattezza quanti fossero gli italiani imbarcati», dichiara Bossi. «Non sapremo nemmeno con sicurezza quante persone fossero imbarcate e quante siano state le vittime. In ogni caso le mie ricerche fissano i morti italiani tra i paesi con il maggior numero scomparsi».
Due nuovi nomi
Dall’oblio ora emergono altri nomi. Purtroppo la non corretta trascrizione dei dati anagrafici non ha consentito a Bossi di scoprire prima queste persone. Si tratta di un romagnolo Sante Righini (classe 1883) di Pisignano di Cervia e di un piemontese Carlo Fey (classe 1893) di Vestignè, provincia di Torino. «Il primo – osserva Bossi – era emigrato in America già nel 1903 e si trovava sul transatlantico al servizio di una benestante vedova americana, che ovviamente viaggiava in prima classe. Quindi un passeggero». Il secondo era un umile ragazzo. «Era partito, con il padre, dalle colline del Canavese per l’Inghilterra, qui aveva trovato un lavoro e il 6 aprile di quel 1912 aveva firmato il contratto, in qualità di sguattero, per l’esclusivo Ristorante A’ la Carte della prestigiosa nave».
Le ricerche
Ma in che modo Claudio Bossi è giunto alla scoperta di queste altre due persone? «Sono partito dal presupposto che c’era da ritenere che alcuni camerieri italiani era stati trasferiti all’ultimo momento dalla nave gemella Olympic al Titanic, senza che il loro nome venisse registrato – aggiunge -. Ho ripreso in mano i quotidiani dell’epoca e sono andato a rileggermi le scarne informazioni. Poi le vicende della vita sono imprevedibili: un incontro fortunato con la persona giusta, uno scambio di informazioni e il gioco era fatto». Bossi intende alludere nella fattispecie, nel caso del Fey, al sindaco di Burolo (Franco Cominetto) che lo ha indirizzato e gli ha fatto prevaricare quelle “storpiature”, come le definisce lui, di stampa dell’epoca. Nel caso del Righini le cose sono andate un po’ diversamente. Solo grazie alla sua perseveranza che lo storico ha sondato i vari archivi per giungere alla meta, e cioè ad appurare che il Righini era indiscutibilmente un italiano.
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