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Visita cardiologica urgente? In Valsesia un mese di attesa

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Visita cardiologica

Visita cardiologica per sintomi riconducibili a un infarto: dieci giorni di attesa per una visita a Torino oppure un mese in Valsesia.

Visita cardiologica dopo un mese

Dieci giorni di attesa per una visita a Torino oppure un mese per effettuarla in Valsesia, anche a fronte di sintomi riconducibili all’infarto. Capita anche questo nella sanità del virus. Il varallese Ferruccio Baravelli, 62 anni il prossimo gennaio, membro del Cai ed appassionato sportivo, racconta una vicenda, la sua, il cui epilogo è diverso da quanto temuto, ma non meno grave. Baravelli oggi è ricoverato all’ospedale di Borgosesia, nel reparto Covid, con una polmonite e due emboli ai polmoni. Non è ancora accertato in via definitiva se le patologie siano state causate dal Covid, ma pare molto probabile: il risultato del primo tampone, eseguito mercoledì scorso all’ospedale di Omegna, sabato ancora non c’era, mentre i due test successivi, fatti a Borgosesia, hanno dato esiti contrastanti.

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I sintomi

«Mi sono accorto che qualcosa non andava lo scorso fine settimana, mentre stavo facendo i miei soliti giri di e-bike – racconta lo sportivo -. Avevo il fiato corto e dolori al petto, sintomi riconducibili ad un infarto». Domenica la situazione si è aggravata, tanto da rendere necessaria una visita cardiologica d’urgenza. «Ho telefonato al numero verde della Regione – racconta -. La prima data utile era dopo 10 giorni e il posto più vicino Torino. La richiesta era con media urgenza; ho scoperto con stupore che l’esame cardiologico con urgenza immediata viene effettuato praticamente solo con un infarto in corso, o quasi. Comunque… l’operatrice, in modo alquanto sgarbato, mi ha detto che per una visita a Borgosesia ci voleva un mese. Ammetto, ho buttato giù il telefono sconfortato. Ho dovuto optare per una visita privata».

I tamponi

Intanto però martedì la situazione peggiorava, «tanto che la mia dottoressa, Luisa Anselmetti, per precauzione ha iniziato a somministrarmi la cura prevista dal protocollo Covid. A questo punto mi sono affrettato a prenotare un tampone a Borgosesia; la risposta è stata che non c’erano date disponibili. Riesco a trovare ad Omegna, dove vado il giorno successivo, mercoledì. In un’ora e mezza mi fanno il tampone ma per il risultato bisogna aspettare. Giovedì peggioro ancora e a questo punto vengo ricoverato al pronto soccorso di Borgosesia, dove questa volta mi fanno il tampone rapido. Risultato: negativo. Mi fanno anche il test molecolare, per il cui risultato occorre attendere qualche giorno. La saturazione è bassa e così i medici decidono di fare una radiografia al torace; così, dai raggi si scopre che c’è una polmonite. Intanto nella notte tra giovedì e venerdì sto sempre peggio. Arriva il risultato del secondo test, questa volta positivo. Vengo subito ricoverato nel reparto Covid, dove mi viene fatta una Tac con mezzo di contrasto e si scopre la cosa più grave: ho due emboli ai polmoni».

L’impegno dei sanitari

«Adesso sto aspettando il risultato del test fatto ad Omegna: se fosse negativo, il tutto è coerente, c’è una carica virale che è via via aumentata. Ma se risultasse positivo? Nel frattempo anche mia moglie, negativa, ha dovuto mettersi in isolamento. Io sono molto preoccupato, un’embolia polmonare non è una passeggiata. Confido in medici ed infermieri, che sono bravissimi: si fanno un mazzo tanto, lavorando tra difficoltà incredibili e meriterebbero molto più di un ringraziamento da parte delle istituzioni. Ringrazio la mia dottoressa Luisa Anselmetti, che mi ha seguito in ogni momento, anche a casa, e il medico Roberto Gagliardini, oltre alla dottoressa Elizabeth Bosonotto».

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