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Cronaca

Coggiola, tre anni fa il ”Carlin” scompariva nel nulla

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Il 25 agosto del 2014 Giancarlo Angelino raggiunse la vetta del Barone, poi di lui non si sono più avute notizie 

Una poesia in dialetto sistemata nell’area esterna del rifugio Ponasca ai piedi del monte Barone. E’ lì per ricordare “Carlin” a tre anni dalla scomparsa. Era infatti il 25 agosto del 2014 quando Giancarlo Angelino, 59 anni, residente a Coggiola decise di raggiungere la vetta del Barone. Poco dopo mezzogiorno chiamò la zia annunciando di essere arrivato in punta e di ripartire per il rientro. Di lui non si è saputo mai più nulla. A sera, visto che non era ancora rincasato, partirono subito le ricerche: alcuni amici raggiunsero la zona delle Piane di Coggiola con il suo cane nella speranza che potesse trovare una traccia. Seguirono otto giorni di ricerche ininterrotte coinvolgendo decine di volontari del Soccorso alpino, ma anche vigili del fuoco, Guardia di finanza, Protezione civile, gruppi Aib e carabinieri. Perlustrarono la zona del rio Cavallero, le baite dove avrebbe potuto trovare rifugio, fu una ricerca palmo a palmo con l’aiuto del Gps ma non si riuscì ad avere neppure una traccia. Vennero setacciati tutti i sentieri, anche i letti dei torrenti e i burroni. Giancarlo Angelino al momento della chiamata era davvero sul Monte Barone come confermò il segnale del suo cellulare.

A niente servirono giorni e giorni di ricerche in zona con ogni mezzo. Come detto, si verificò che la telefonata fu proprio fatta da quella zona, ma il “Carlin” era come sparito nel nulla. Nessuna traccia, nulla che facesse pensare a un incidente, non un oggetto che gli sia appartenuto.
E adesso l’amico Marco Aimone Ceschin, anche lui coggiolese, anche lui tra coloro che parteciparono alle ricerche, ha voluto regalargli una poesia in dialetto. Si intitola “Ricord ad ‘n amis”. «Carlin, l’era na persun-a cugnusua e ben vulua da tucc». Una persona conosciuta e benvoluta da tutti. E’ il primo verso. E infatti lo conoscevano giovani e meno giovani. «Mi ricordo che da piccolo lo vedevo con le capre, poi nel 2010 abbiamo iniziato a collaborare – scrive ancora Aimone -. Mi, ti, l nosse crave, la tua esperiensa, la mia vuluntà…”. Io, te, le nostre capre, la tua esperienza, la mia volontà. Ce ne sarebbero cose da raccontare – scrive sempre in dialetto – da farci un libro. Tanti giorni insieme a condividere lavoro, fatiche, soddisfazioni come quando nasceva una bella capretta, allegria al bar, alle feste o a cena in compagnia».

Poi il giallo della sparizione: «An bel dì mi sa nent se per gelusia dal Ratarun, ch’a te viste gni grant, o dal Cascinal che l è chersute ‘nsemma la tua famija… el tò Mumbarun l’è purtate via». E ancora: «Ti abbiamo cercato in tanti, ti volevamo tra noi con la tua semplicità e sincerità per bere una birra o per una chiacchierata. Anche la tua Birba ho portato in punta sperando di trovarsi ma ci siamo arresi all’amaro destino che ci ha rubato il Carlin». Quindi un ultimo pensiero all’amico: «I sper ch’it sie truvà n’bel pra e it immagin li setà… cun l tue crave slargà ‘nturn, ‘n mess a tanti bei fiur». L’amico lo immagina seduto in un bel prato con le sue capre e tanti fiori. La poesia è stata sistemata nei pressi del Ponasca per non dimenticare una persona semplice che a Coggiola tutti conoscevano. E oggi, a tre anni da quei giorni di ricerche affannose, in tanti si chiedono ancora cosa possa essere accaduto a Giancarlo. Di lui resta solo un senso di vuoto lasciato tra gli amici di sempre.

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