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Rinata dal silenzio: trentenne completamente sorda ora riesce anche a telefonare
Cinque anni di impegno per un “miracolo” ottenuto dall’ospedale di Biella.

Rinata dal silenzio: trentenne completamente sorda ora riesce anche a telefonare. Anni di impegno per un “miracolo” ottenuto dall’ospedale di Biella.
Rinata dal silenzio: trentenne completamente sorda ora riesce anche a telefonare
Laura, affetta da sordità centrale, è riemersa dal silenzio in cui un trauma cranico improvvisamente l’aveva fatta precipitare. La paziente è stata assistita a livello multidisciplinare da equipe dell’Asl di Biella, che l’hanno seguita per cinque anni, garantendo il necessario supporto fisioterapico, logopedico, psicologico e ortottico, oltre che audiologico, recuperando così gran parte della percezione uditiva.
«La sordità centrale totale – ricorda l’Asl – è una condizione rara e complessa, che trasforma profondamente la vita di chi ne è colpito. A differenza delle forme di sordità che interessano l’orecchio esterno, medio o interno, il problema, in questo caso, risiede nel cervello, incapace di decodificare i segnali sonori. Anche quando l’apparato uditivo periferico funziona perfettamente, il mondo si trasforma in un silenzio assoluto. E questa patologia non può essere affrontata con apparecchi acustici o impianti cocleari, poiché è il sistema nervoso centrale a necessitare di riabilitazione».
La storia di Laura, sorda dopo un trauma
Un caso emblematico è proprio quello della giovane donna di appena trent’anni, Laura, ricoverata per un grave trauma cranico. Nelle fasi iniziali la paziente è stata presa in carico dalla medicina riabilitativa dell’ospedale di Biella. La paziente soffriva anche di diplopia, una condizione che provoca visione doppia, causata da lesioni della via motoria di un occhio.
Laura poteva quindi contare solo sulla visione monoculare, e per comunicare si affidava con grande fatica a un’applicazione di riconoscimento vocale (speech-to-text), che convertiva in testo il parlato degli interlocutori, consentendole di leggerlo.
Per affrontare le difficoltà comunicative legate alla sua condizione, è stata indirizzata al servizio di audiologia della struttura complessa di otorinolaringoiatria, diretta da Carmine Fernando Gervasio. A supportarla nel percorso audiologico, insieme alle colleghe, è stata in particolare l’audiometrista Carla Montuschi.
Un approccio mirato
Il percorso riabilitativo della paziente ha incluso esercizi per stimolare le aree corticali responsabili dell’elaborazione del suono, sfruttando la neuroplasticità del cervello. Attraverso protocolli dedicati, si è lavorato sul riconoscimento dei suoni ambientali e sulla comprensione del linguaggio, con particolare attenzione agli elementi ritmici, frequenziali e temporali del parlato.
Questo è stato possibile mediante il ricorso a strumenti tecnologici, musicali e all’adattamento di tecniche derivate da protocolli per pazienti con impianto cocleare. I risultati, seppur graduali, sono stati significativi: in cinque anni, Laura ha recuperato gran parte della percezione uditiva, riuscendo a comunicare senza dipendere esclusivamente da supporti testuali.
Adesso può anche telefonare
Grazie alla sua incrollabile caparbietà e all’enorme sforzo riabilitativo svolto in più contesti – fisioterapico, logopedico, psicologico e ortottico oltre che ovviamente audiologico – è riuscita, partendo da una condizione iniziale gravissima, a ottenere progressi inizialmente insperabili. Oggi Laura è in grado di sostenere brevi conversazioni telefoniche con voci conosciute, un progresso straordinario che testimonia l’efficacia del percorso intrapreso.
«Questa esperienza non solo sottolinea l’importanza di saper operare avvalendosi della multidisciplinarietà, ma evidenzia anche quanto sia cruciale approfondire e diffondere la conoscenza delle diverse forme di sordità centrale – commenta Carmine Fernando Gervasio, direttore di otorinolaringoiatria -. Investire in queste strutture e sensibilizzare sull’argomento significa restituire a chi vive nel silenzio, non solo la possibilità di comunicare, ma anche una nuova autonomia e una qualità di vita migliore, dimostrando che, anche nelle situazioni più difficili, la speranza può trasformarsi in realtà».
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