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Hoti: il quadro più grande del mondo nasce dal coraggio di un uomo solo

Da un fiume incontaminato alla tela più estesa mai realizzata: la storia di un artista che ha trasformato l’emozione in geografia

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Agron Hoti
Agron Hoti

Di ritorno alla sua terra, l’artista Agron Hoti realizza un’opera senza precedenti: 7.600 metri quadrati di emozione pura.

Tirana – Uno stadio intero trasformato in tela. Un fiume albanese come struttura visiva. Un artista, Agron Hoti, che ha deciso di tornare dove tutto è iniziato per dare forma a un gesto che è al tempo stesso memoria, omaggio e futuro.

L’opera si chiama EVERFLOW, e con i suoi 7.600 metri quadrati di estensione pittorica astratta è oggi il quadro su tela più grande mai realizzato. È stata creata sul campo dello Stadio Nazionale di Tirana, ma non è nata per battere un record: è nata per onorare una vita in movimento, una patria abbandonata e ritrovata, una libertà conquistata con fatica.

Agron Hoti è nato nel 1970 a Mamurras, in Albania. A 14 anni vince i suoi primi premi d’arte, ma il regime lo esclude dal sistema accademico. Dopo la caduta della dittatura, attraversa il confine con la Grecia, si stabilisce ad Atene, lavora con scultura e iconografia per un decennio. Poi, nel 2001, attraversa clandestinamente il Canale d’Otranto e arriva in Italia, dove oggi vive e lavora, a Verona.

In Italia espone a Torino, Milano, Venezia. Nel mondo arriva a New York, Parigi, Shanghai, Casablanca e Tel Aviv. Ma EVERFLOW è qualcosa di diverso. È l’opera che segna un ritorno, un abbraccio a distanza con la propria terra. È il suo lavoro più viscerale.

Agron Hoti

Agron Hoti

EVERFLOW nasce da un’idea semplice ma audace: trasformare il letto del fiume Vjosa, uno degli ultimi corsi d’acqua incontaminati d’Europa, in un tracciato artistico su cui stendere forme e colori. Un omaggio visivo al movimento continuo, alla purezza, alla geografia emotiva di chi ha vissuto lo sradicamento e la rinascita.

Swirl di colori, curve fluide, profondità dinamiche. La composizione è astratta, ma ogni angolo della tela è animato da un senso di direzione, come se l’acqua e la memoria scorressero ancora sotto la superficie. È un’opera che parla di viaggio, trasformazione, appartenenza.

Terminata l’opera, Hoti decide di tagliarla in oltre 2.000 frammenti unici, ognuno dei quali sarà venduto o donato. Ognuno racconta una parte della storia. Non si tratta solo di pezzi d’arte: sono tracce fisiche di un gesto collettivo, capaci di unire persone lontane attraverso un’origine comune.

“Ogni frammento continua a vivere. Ogni pezzo vibra ancora.” – dice.

Il progetto è già stato accolto con entusiasmo da collezionisti e istituzioni. Alcuni frammenti saranno consegnati a ospedali, scuole, spazi pubblici. Altri diventeranno patrimonio personale di chi saprà leggere, in quella porzione di tela, non solo un colore ma un percorso.

EVERFLOW non è una semplice impresa artistica. È un monumento silenzioso alla tenacia, alla migrazione, all’identità. È l’opera di un uomo che, dopo essere stato respinto, censurato, migrato, ha deciso di tornare – non per chiedere, ma per donare bellezza.

E se oggi possiamo dire che il quadro più grande del mondo è stato dipinto da un artista italo-albanese, forse dobbiamo anche chiederci: quanta grandezza può contenere una storia, prima ancora che una tela?

AGRON HOTI – Follow Hoti on instagram

Agron Hoti con una sua opera

Agron Hoti con una sua opera

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