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Addio a Francesco Gatti, bandiera del Cai Valsessera

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Si è dedicato attivamente al volontariato battendosi per la realizzazione del rifugio Monta Barone.

Un amore per la montagna che lo ha accompagnato per tutta la vita. In tanti a Pray hanno voluto essere presenti all’ultimo viaggio di Francesco Gatti, 89 anni, storica “bandiera” del Cai Valsessera.

Amici, soci del Cai, parenti, conoscenti si sono ritrovati per testimoniare la stima e l’affetto per un uomo che ha dedicato molto tempo al volontariato e che ha lasciato in ricordo il suo sorriso, il suo rispetto per gli altri e il rifugio del Monte Barone per cui si è battuto per anni e che accoglie gli alpinisti e gli amanti della montagna.

Francesco Gatti si è spento nella sua casa di Pray a 89 anni. Era iscritto alla sezione Valsessera del Cai dal lontano 1953 ed è stato presidente dal 1969 al 1974 ricoprendo anche altre cariche all’interno del direttivo.

«Per noi – sottolinea il presidente Adriano Marchisio – è stata una figura importante. Ha lavorato molto per la nostra associazione. E’ veramente un pezzo di storia che se ne va».

Parole di stima vengono anche dall’amico Piergiorgio Bozzalla, che con lui ha condiviso decenni all’interno del Club alpino: «Francesco è stato l’artefice del nostro rifugio sul Monte Barone. Lui ci credeva moltissimo, e la sua idea e il suo entusiasmo hanno reso possibile questo progetto che è stato condiviso dai volontari. Quello che ha fatto per le nostre montagne potremo vederlo per sempre. Si è battuto molto per realizzare il rifugio coinvolgendo anche l’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone. A Varallo è riuscito a consegnargli una lettera in cui parlava della necessità di trasportare a Ponasca il rifugio, che era piazzato a Coggiola. Anche ultimamente era il solito Francesco, con i suoi ricordi, la voglia di raccontare e di stare insieme agli altri. Come amico devo dire che era sempre pronto a dare consigli, ad agire, ma aveva il massimo rispetto per gli altri e, pur esprimendo le proprie opinioni, ascoltava tutti. E’ stato un pilastro per la nostra associazione, fino a quando ha potuto, e ci mancherà davvero molto».

Questo amore per le sue montagne lo aveva espresso in un’intervista in occasione della premiazione per i 60 anni all’interno del sodalizio valsesserino.
«Mi è sempre piaciuta la montagna – aveva raccontato Gatti – Il Monte Barone ce l’ho stampato nella testa e nel cuore. Sin da giovane amavo camminare e partivo da Pray a piedi per andare sulle montagne della nostra zona. E’ sempre stata una bella soddisfazione, che mi ha dato emozioni profonde e ricordi stupendi. Il ricordo più bello della mia vita al Cai è proprio quello legato al rifugio. Prima in quella zona c’erano solo delle baite diroccate, e quindi nessuna possibilità di trovare un riparo. Poi, con grande soddisfazione e dopo parecchi bocconi amari, è stato realizzato il rifugio che ancora oggi è un fiore all’occhiello per la sezione».
L’uomo lascia la moglie Ivana e le figlie Paola Eleonora e Gianna Maria.

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