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Didattica a distanza: parte da Scopello la protesta della montagna

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Didattica a distanza

Didattica a distanza: la protesta di un’insegnante a Scopello. «Assurdo che non si possa andare a scuola, nelle nostre classi non ci sono pericoli».

Didattica a distanza, la protesta

Una protesta sulla strada contro la chiusura delle scuole in alta valle. “L’Alta Valsesia non è zona rossa”. “I bambini hanno più diritti di noi adulti”. “Le città stanno distruggendo i paesi”. Questi alcuni degli slogan, scritti col pennarello sul retro di un vecchio calendario, che Marta Sasso ha scelto per protestare contro la chiusura delle scuole. Lei, 54 anni, insegnante alla primaria di Scopello, tutti i giorni dalle 13 alle 14 si mette a bordo della provinciale, dalle parti della “cruisiera” vicino a casa sua, e mostra i cartelli ai passanti e agli automobilisti in transito. Un modo per attirare l’attenzione su un problema, quello dei bambini costretti a seguire le lezioni davanti a un computer o a un tablet, che sta creando più di un problema a loro e alle loro famiglie.

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Le alternative

«Vado avanti finché non cambieranno qualcosa – spiega la donna – , è assurdo che si passi dall’aperto al chiuso e che non ci siano alternative tra questi due estremi. Per ciò che riguarda la scuola, ad esempio, si potrebbe scegliere di fare lezione soltanto al mattino e di evitare la mensa, che è probabilmente l’unico momento delicato per i bambini. Per il resto, pericoli a scuola non ce ne sono, soprattutto per i nostri paesi dell’alta valle, in cui ci sono classi con 10 bambini. Assurdo che non si possa andare a scuola».
La protesta dell’insegnante (un’ora al giorno, come l’ha definita lei stessa) è iniziata domenica e sta raccogliendo tante adesioni. Ieri, ad esempio, a darle manforte è arrivata anche la collega Cristina Sasso: « Martedì – riprende la donna – sono venuti due genitori che abitano qua vicino, il sindaco di Campertogno mi ha chiamata per esprimermi a sua solidarietà e alcuni automobilisti mi fanno il gesto dell’ok dalle macchine. Sarebbe bello se anche altre persone seguissero il mio esempio, mettendosi a bordo strada, nel punto più vicino a casa, agitando magari un fazzoletto. Io intanto vado avanti da sola, in fondo una persona che protesta a Scopello, dove i residenti sono circa 300, a livello percentuale vale di più di 600 persone che protestano in una grande città».

L’appello

Sasso lancia un appello, oltre che ai suoi concittadini, anche alle istituzioni: «Secondo me gli amministratori della Valsesia dovrebbero battersi per far sì che non si applichino qui e in tutti i piccoli paesi delle valli alpini le stesse regole che vanno bene per le grandi città, soprattutto per quanto riguarda le scuole. Noi abbiamo regole incredibili sull’igienizzazione, praticamente impossibile che ci siano contagiati, senza dimenticare che noi spesso facciamo lezione all’aperto. La chiusura completa andrebbe fatta soltanto in presenza di un focolaio accertato. Anche l’arrivo nelle seconde case andrebbe incentivato, secondo me, e invece non lo fanno».
Le grandi città rappresentano, per Sasso, il vero problema in questa pandemia e non solo: «Non sono certo io a dover far cambiare idea ai politici, ma mi auguro che lo facciano da soli. In Piemonte c’è una politica “torinocentrica”, ma il vero pericolo è proprio la grande città, dove si vive uno sopra l’altro, dove ci sono assembramenti, dove si va dove vanno tutti gli altri. Tutto al contrario di quello che succede qui, dove le persone sono poche e a giudicare da quello che succede quasi invisibili. Ecco, questa pandemia dovrebbe aiutarci a farci cambiare proprio mentalità, a imparare a stare più da soli e ad accontentarci delle cose semplici».

«Lo devo ai bambini»

«Io protesto – ha scritto Sasso in un post su Facebook – perché me lo chiede la mia coscienza, per coerenza, perché la Terra mi ha mostrato molte cose e il Covid mi ha insegnato a vederle. Non vado più al supermercato, non compro più in internet, non userò più l’aereo, non userò l’auto se non per necessità (mai nei fine settimana o per divertimento). Protesto perché lo devo ai bambini delle mie classi, che hanno rispettato le regole ogni giorno, sempre, tant’è che non ci sono stati contagi. Protesto perché se siamo ancora in questa situazione non è colpa mia, ma di chi continua a trasgredire a tre semplici e facilissime regole».

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