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Didattica a distanza non è vera scuola. Scopello, parla un’insegnante

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Didattica a distanza, il punto di vista di una maestra e genitore: «Rischia di stravolgere i ragazzi».

Didattica a distanza

La dad torna a fare discutere. «Le scuole non devono chiudere, la didattica a distanza non sarà mai come le lezioni in presenza». L’appello disperato arriva da un’insegnante e mamma, nei giorni in cui anche in Piemonte è scattato nuovamente il divieto di entrare in classe per parecchi studenti.

Maestra e genitore

Cristina Sasso è di Roasio e fa la maestra alla scuola dell’infanzia di Scopello, istituto comprensivo “Martiri della Libertà” di Quarona e Alta Valsesia. Ma a casa ha anche due ragazzini di 16 e 9 anni a cui badare, e la dad l’ha conosciuta anche dal punto di vista di genitore.

Didattica a distanza

Bimbi penalizzati

«In questa situazione – spiega Sasso – i bambini sono davvero i più penalizzati e quando ho saputo del rischio di chiudere nuovamente le scuole in me è scoppiata la rabbia, sia come maestra che come mamma. Per me è stato come ripiombare in un incubo: i sei mesi di stop dell’anno scorso sono stati tremendi e alla ripresa delle lezioni la regressione degli alunni si è vista. Non è stato un semplice passaggio estivo da una classe all’altra, ma si è dovuto riprendere quasi completamente le fila di un discorso. Questa rischia di essere una generazione di ragazzi stravolti e non possiamo non dirlo».

La socialità

Sasso racconta anche la sua esperienza di mamma di due maschi, a loro volta alle prese con la scuola a singhiozzo: «Il ragazzo più grande ne ha risentito soprattutto a livello sociale e le conseguenze del suo isolamento dai compagni se le trascinerà per anni, come tutti i suoi coetanei. Il più piccolo è passato dalla terza alla quarta e ha insegnanti eccezionali, ma nonostante questo la dad non può essere considerata vero apprendimento. Si fanno passare a questi ragazzi un paio d’ore davanti a un video giusto per fargli fare qualcosa, ma si assimila poco o nulla. Senza considerare i tanti problemi che le famiglie devono affrontare: l’anno scorso, ad esempio, la didattica a distanza era partita in ritardo e in molti casi non c’erano nemmeno i mezzi adatti per poterla affrontare. C’era chi aveva soltanto un telefonino e non un pc. Adesso va un po’ meglio ma comunque far passare sei ore filate davanti a uno schermo a dei giovanissimi non è salutare e nemmeno giusto».

Scuole aperte in Valsesia

Per il momento, la situazione dei contagi in Valsesia permetterà ancora a Sasso di seguire in presenza i suoi bambini a Scopello: «Questa è sicuramente una bella notizia e spero che non ci siano peggioramenti. Credo che il metodo di valutare i numeri dei contagi nelle varie zone sia quello corretto, non possiamo paragonare i numeri dei contagi di Vercelli e quelli dell’Alta Valle. Io insegno a bambini dai 3 ai 6 anni che hanno bisogno innanzitutto di socializzare e poi di imparare le regole. Oltretutto ci capita spesso di fare attività all’esterno, grazie anche alla collaborazione con don Marco Barontini, a volte si mangia e si fa merenda fuori e sarebbe un peccato non poter più approfittare di questi momenti, sarebbe davvero un sacrificio grande per loro ma anche per noi insegnanti. La nostra dad si chiama lead (legami a distanza) e lo stop del mese di febbraio del 2020 è stato davvero un momento durissimo, io mandavo ogni tanto delle schede, ma non c’era continuità».

Una proposta

Ma quale potrebbe essere la via di uscita per evitare un nuovo stop alle lezioni in presenza? «So che alcuni insegnanti non sono d’accordo – conclude Sasso – e rispetto la loro opinione ma secondo me sarebbe importante fare andare tutti a scuola anche nelle zone rosse, magari per poche ore al giorno e garantendo una rotazione. Tanti colleghi si sono accorti che lo stop è stato deleterio per loro e per i loro alunni».

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