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Goliardico ma rispettoso: così era Daniele Soprani. Il ricordo dell’amico
Goliardico ma rispettoso: così era Daniele Soprani. Il ricordo dell’amico. L’altro giorno l’ultimo saluto al 62enne.
Goliardico ma rispettoso
«Ho pensato fosse doveroso condividere alcuni personali pensieri in ricordo di un amico, perché nel cuore di ciascuno possano risuonare dei ricordi non di cose passate, che lasciano il tempo che trovano, ma di cose fatte assieme, di quelle che restano, di quelle che servono e fanno bene al cuore.
Giovedì abbiamo accompagnato alla Collegiata di Borgosesia per l’ultimo saluto Daniele Soprani. Non eravamo moltissimi, pensavo saremmo stati di più, ma vuoi il periodo ormai estivo, vuoi il caldo, vuoi tanti motivi: secondo me mancava tanta gente. Questo almeno è stato in quel momento il mio primo pensiero. Subito dopo però ho riflettuto che fosse coerente, forse giusto, in “stile Soprani”. Sì perché noi il Daniele lo chiamavamo così: il Soprani, quasi non ve ne fossero altri: un po’ un segno distintivo un po’ forse sinonimo di unicità.
D’altra parte è vero che, almeno ad una prima impressione il Daniele era una persona discreta, che non amava il protagonismo e che teneva molto ben separata la vita pubblica, con i suoi molteplici impegni, dalla sfera più personale, più privata. Il ricordo ovviamente non può non legarsi ai numerosi momenti che in molti abbiamo condiviso con lui soprattutto nell’ambito del Comitato Carnevale. Un amico mercoledì, appena avuta la notizia della morte, che nessuno adesso si aspettava, mi ha detto: “Io non mi ricordo un Carnevale senza il Soprani. Senza altri del Comitato sì, ma non senza di lui”. Effettivamente aveva ragione. Il Soprani e il Carnevale erano due concetti inscindibili, ancor di più lo erano il Soprani e la “cassa”. Se ci si ferma un momento a far tornare alla mente i momenti vissuti credo che davvero in molti abbiano impressa nella mente l’immagine a cui mi riferisco e in molti sappiamo dentro noi stessi di aver conosciuto un uomo buono, all’apparenza forse severo, ma giusto.
Io però sento il dovere di ricordare il Daniele anche e soprattutto per l’attenzione umana che ha saputo dimostrare e lo ha sempre contraddistinto. Appena superata la scorza del suo carattere, se si entrava un pochino più profondamente in confidenza, non si poteva fare a meno di conoscere una persona generosa e attenta, partecipe e propositiva, goliardica e rispettosa allo stesso tempo, che ha sempre affrontato la vita (non certo una vita facile la sua) con quell’ironia che aiuta a vivere, a volte apparendo forse un po’ sopra le righe, ma nascondendo in questo, ne sono sicuro, una ricerca personale sia dal punto di vista affettivo che spirituale. Più volte ci siamo scambiati delle battute, qualche pensiero, che terrò con me, sul tema della vita e sul suo significato e pur senza una risposta completa si percepiva la sua tensione “oltre”, soprattutto nell’ultimo anno o poco più, quando aveva perso dapprima il fratello nella scorsa primavera e poi la mamma lo scorso autunno.
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E poi? E poi le cose sono andate come sappiamo e tra una promessa e l’altra – dovevamo guardare francobolli e monete, una passione che ci accomunava e che forse era più una scusa per fare due parole, – purtroppo (e vorrei almeno chiedere scusa per questo) non sono più tornato in quella casa fino a mercoledì: a volte mi chiedo come sia possibile essere sempre in ritardo sugli appuntamenti che contano, ma ho questa innata capacità di non arrivare quasi mai in tempo.
Si potrebbero dire molte cose e si correrebbe il rischio di scendere troppo nel personale e di annoiare qualcuno, allora ancora solo una cosa: grazie Daniele, anzi grazie “Sciur Soprani” per i momenti belli trascorsi assieme e arrivederci, per ascoltare o cantare ancora una volta “la Muntagnola” e immaginare il panorama di Sant’Anna, in frac e con un calice in mano per condividere un brindisi, un calice rigorosamente di Moet».
Giacomo Gagliardini
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