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Ha pedalato per 750 chilometri attraverso la Mongolia

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Per il gattinarese Roberto Landolina un’esperienza indimenticabile e tutta da raccontare

Settecentocinquanta chilometri in bicicletta, 13 giorni effettivi di pedalate, 2804 metri l’altitudine massima raggiunta,  – 6 e + 34 gradi gli estremi delle temperature toccate dal suo termometro. Sono questi alcuni dei numeri del viaggio in Mongolia che il gattinarese Roberto Landolina, 28enne con una laurea in economia aziendale, ha intrapreso e portato a termine tra fine agosto e fine settembre. «Dopo mesi di preparativi trascorsi a studiare il percorso e tutto l’occorrente necessario, il 30 agosto – dice ripensando alla fase iniziale della sua avventura – atterro nella capitale mongola di Ulan Bator. Come già per altri viaggi di questo genere (Landolina in effetti non è nuovo a simili imprese: due anni fa, sempre in sella alla bici, fece il giro dell’Islanda, ndr.), l’inizio non è tanto il momento in cui parto verso la meta, bensì quello in cui cresce il desiderio, il sogno di visitare quei luoghi». Dei 750 chilometri previsti, 250 saranno su strade asfaltate e 500 su piste sterrate. «In fondo non c’è niente di così estremo. Peraltro, non avendo mai viaggiato al di fuori dell’Europa, e trovandomi in uno stato desertico, non era certo tra i miei progetti quello di segnare un record o fare di questo viaggio una prestazione sportiva».

Landolina, che nella vita lavorativa si divide la “Selfit” di Romagnano dove insegna nuoto e l’azienda vitivinicola “Nervi” di corso Vercelli, alla vigilia pensava che il suo sarebbe stato un “normale” giro in bicicletta come altri, salvo poi scoprire, pedalando da est verso ovest e toccando ben cinque province, che di ordinario non avrebbe incontrato proprio nulla.

«Appena fuori dal caos impazzito della capitale, un groviglio di strade e grattacieli, si apre un immenso cielo azzurro che fa da sfondo a enormi vallate verdi, punteggiate solo ogni tanto dalle gher, le tradizionali abitazioni dei pastori nomadi, i quali mi hanno sempre dato ospitalità con naturalezza e spontaneità. Il silenzio che si ode tra queste valli è qualcosa che non vorresti interrompere neanche col tuo respiro, vivi in perfetta simbiosi con la natura, circondato dell’essenziale. Ascolti i versi degli animali, il soffiare del vento e la pioggia che scende. E quando accade, aimè ne so qualcosa, le piste si allagano creando veri e propri ruscelli, fango dove affondi fino alle ginocchia. In definitiva non posso certo dire di essermi annoiato in quei giorni di pedalate».

Sono tante le esperienze indimenticabili, dalla visione della «luna che riflette la luce sulle acque del Terkhiin Tsagaan nuur (il Lago Bianco), al raggiungimento della bocca del vulcano Khorgo, dalla cui sommità sembra di essere atterrati su Marte, dal mugghiare degli yak che quasi entrano in tenda, al rincorrermi di enormi cani selvatici finché non me ne andavo dal loro territorio, dalle grida e i sorrisi dei bimbi che abitano le gher, alle preghiere nel monastero buddista di Kharkhorin, l’antica capitale dell’impero mongolo. Nell’insieme, un’esperienza che ha sicuramente arricchito il mio bagaglio personale. Infine, vorrei  ringraziare l’azienda di abbigliamento tecnico “Galaxi” di corso Garibaldi e “Gattinara online” che ha pubblicato e curato giorno per giorno il mio diario».

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