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Laura Cerra compie 60 anni: dalla poltrona di sindaco alla Fondazione Valsesia

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Laura Cerra compie 60 anni e si racconta a Notizia Oggi tra esperienze e progetti, le prime raccolte fondi e la battaglia a difesa dell’elisoccorso.

Laura Cerra compie 60 anni

Una settimana speciale per Laura Cerra, che domenica scorsa ha festeggiato i 60 anni. Molti di questi li ha spesi al servizio della comunità cittadina: tra volontariato e impegno nell’amministrazione comunale.

Farmacista, titolare dal 2000 dell’attività di famiglia fondata nel 1934, è stata sindaco di Borgosesia dal 1990 al 1995, tra le fondatrici del Soroptimist Valsesia e dell’associazione “Un villaggio per amico”, e attualmente è presidente della Fondazione Valsesia. Tra le sue attività c’è stato anche l’insegnamento: è stata professoressa di chimica e biologia all’istituto “G.b. Vico”.

Il primo ruolo pubblico di Cerra coincide con l’elezione a sindaco, nel 1990, tra i più giovani in Italia

Avevo 29 anni. Tra i più giovani sicuramente, se non la più giovane tra i sindaci donna. Soprattutto in quell’epoca era una rarità. Quando venni eletta, arrivavo comunque da cinque anni in giunta comunale, con l’incarico di assessore all’urbanistica.

Cosa le è rimasto di quegli anni?

Una esperienza bellissima che mi ha arricchito molto dal punto di vista umano. Ho conosciuto e collaborato con persone che mi hanno insegnato tanto, a partire dalla correttezza, da come si deve lavorare per il bene della comunità. Tra l’altro ho avuto la fortuna di collaborare con l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Insieme però è stata un’esperienza davvero impegnativa: nei cinque anni di mandato mi sono trovata a dover governare con tre giunte diverse, era un periodo difficile, gli anni di “Mani pulite”. Senza dimenticare che ero donna in un ambito quasi di esclusiva maschile: ora si parla di parità di genere, di uguaglianza, di trattamento e opportunità. Condizioni per cui io ho dovuto lottare, che ho sperimentato personalmente, a soli 29 anni. Diciamo che quel periodo mi ha aiutato a crescere molto in fretta.

Qualche risultato di cui è orgogliosa?

La difesa dell’elisoccorso. È stata una lotta senza esclusione di colpi, per difenderlo dalle scelte ad alto livello che volevano trasferire la base: era praticamente perso, ma siamo riusciti a tenerlo a Borgosesia e di conseguenza a salvare l’ospedale.

Dopo l’incarico di sindaco, ha lasciato la politica…

Da allora non mi sono più occupata di amministrazione. È comunque stato un periodo molto faticoso, vissuto sotto pressione: la mia scelta di lasciare è stata dettata anche da stanchezza fisica e psicologica. Ho preferito occuparmi di altre cose, legate all’ambito della farmaceutica.

Sono passati diversi anni, non pensa mai a un ritorno?

No, è un’esperienza che considero chiusa. Mi piace lavorare per la comunità, però ora lo faccio in un altro modo.

Ora è impegnata con la Fondazione Valsesia, nata nel 2019, ma già da anni è in prima linea nel settore del volontariato e dell’impegno sociale.

Il primo impegno concreto è stata la raccolta fondi insieme all’Airc, per acquistare la Tac per l’ospedale di Borgosesia. Erano altri tempi, non era così scontato arrivare a un tale risultato. C’è stata la collaborazione con la Caritas per il servizio di telesoccorso e la creazione di “Un villaggio per amico” insieme a Marina Filippa, Siro Erbetta e Italo Gianolio, che segue progetti umanitari per un villaggio in Kenya con la creazione di scuola, mensa, e opportunità di lavoro e assicura l’adozione a distanza di più di 500 bambini. Da cinque anni faccio parte della Fondazione Cassa di risparmio di Vercelli, un’esperienza che è alla base della nascita della Fondazione Valsesia.

E arriviamo dunque a Fondazione Valsesia

A livello personale è il coronamento di un ruolo per aiutare il territorio in maniera efficace. Ho fatto tante cose nella vita. Dedicarmi agli altri è il mio sogno e la mia realtà e farlo in questo modo è bellissimo. In ambito generale credo sia un progetto notevole che si sta sempre più delineando come punto di riferimento per associazioni e realtà della valle.

Come è nato il progetto?

Dalla necessità di creare una visione comune per valorizzare il territorio valsesiano e sostenerlo attraverso il potenziamento delle risorse. All’inizio abbiamo trovato qualche riserva poi, piano piano, grazie anche all’appoggio di numerosi sindaci e parroci, tutti ci hanno accettato e ci seguono. È indispensabile capire che è necessario creare rete, poter contare sul territorio di più figure possibili che siano di sostegno a enti e associazioni. È un cambio di mentalità: da soli non si va più avanti, ogni progetto deve far parte di una rete. Proprio per questo seguiamo progetti numerosi e diversificati. Credo che uno dei punti di forza sia la composizione del consiglio di amministrazione di Fondazione Valsesia, l’unione di tanti elementi capaci di sfruttare al massimo i singoli contatti, e indispensabile è la collaborazione di figure come Pier Luigi Loro Piana e della sua famiglia: incontrare queste persone che, come te, credono negli stessi valori di aiutare la comunità in cui vivono, ti dà una forza ancora maggiore per continuare.

In quest’anno di emergenza sanitaria avete avuto un ruolo centrale e fondamentale per tante iniziative legate al settore, basta pensare all’acquisto di attrezzature e materiale per l’ospedale, alla creazione di spazi per pazienti Covid, alle iniziative di sostegno, alla campagna sierologica.

Abbiamo fatto tanto in ambito sanitario, e anche di protezione civile dopo l’alluvione di ottobre. Ci siamo inevitabilmente concentrati in questi due campi perché siamo in un momento di emergenza. Mi piacerebbe vederci all’opera per progetti culturali, ad ampio respiro. Nell’immediato futuro si andrà avanti con gli aiuti a sanità e protezione civile, ma ci auguriamo che l’emergenza si concluda e ci si possa dedicare ad altri settori.

Ha ancora qualche sogno nel cassetto?

Mai smettere di avere sogni. Nell’immedato, fare in modo che Fondazione Valsesia prosegua e diventi sempre più un punto di riferimento a cui tutti possono rivolgersi. E veder crescere le mie due nipoti: spero di poter contribuire a dar loro un mondo più equo, più rispettoso per l’ambiente: con questa pandemia la natura ci ha dato un monito preciso, dobbiamo capirlo e se non siamo in grado di farlo non meritiamo nulla.

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