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Marito e moglie in terapia intensiva, ma quando si sveglia lei, lui non c’è più
Marito e moglie in terapia intensiva, ma quando si sveglia lei, lui non c’è più. Si ammala assieme al marito e finisce intubata: “Al mio risveglio, il Covid se l’era portato via…”. E’ la testimonianza di Lucia Ruoppolo, 66enne di Cusago, nell’hinterland Nord di Milano, che ha sconfitto il Covid ma che durante questa battaglia ha perso il marito di 69 anni, Angelo Panìco.
Quando si sveglia lei, lui purtroppo non c’è più
A raccontare la vicenda è Prima Milano Ovest.
“Mio marito mi manca molto, era un uomo di altri tempi, discreto ed educato. Questi mesi senza di lui sono stati difficili ma io vado avanti, il Covid ha colpito anche me ma mi sono ripresa. Ora ho ancora paura, spero che avendolo fatto non possa riammalarmi, ma starò attenta insieme ai miei due figli e le nipoti”.
Lei è Lucia Ruoppolo, cittadina cusaghese di 66 anni che ha sconfitto il Covid ma che durante questa battaglia ha perso il marito di 69 anni, Angelo Panìco.
Il Coronavirus si è aggiunto ad un quadro clinico non ottimale:
“Era affetto da reticolite ulcerosa e nel dicembre scorso stava effettuando degli esami. Era stato ricoverato al Policlinico e abbiamo il sospetto possa aver contratto il Coronavirus proprio lì. Ricordo che era in stanza con un uomo affetto da una polmonite e a cui la febbre non passava da tempo. I medici non capivano cosa fosse”.
Panìco fu dimesso ma dopo qualche settimana iniziò ad accusare i classici sintomi da Covid fino poi ad ammalarsi.
“Non posso sapere con precisione come l’abbia preso, il mio sospetto è quello. Fatto sta che la situazione precipita ad inizio marzo. Mio marito ha continuato a non sentirsi bene, fino ad avere una serie di mancamenti. Ad un certo punto abbiamo chiamato l’ambulanza per due volte ed alla seconda uscita abbiamo valutato il ricovero”.
Sia marito che moglie in terapia intensiva
Il marito è stato così portato al Policlinico, dove gli fu riscontrata la positività.
“Io non sono stata sottoposta a tampone, sono tornata a casa e sono stata male per una settimana. Non avevo altri contatti e sentivo pochissimo anche mio marito. A fine marzo, dopo diversi tentativi, sono riuscita a farmi soccorrere dall’ambulanza e sono stata ricoverata d’urgenza ed il giorno dopo sono stata intubata. Da quel momento non ricordo più nulla”.
Settimane di sofferenza per la Ruoppolo, trombosi, polmoniti, tracheotomia, antibiotici. Il risveglio a fine aprile, più di un mese dopo l’intubazione. Anche il decorso post risveglio non è stato sereno.
“Ero agitata ed arrabbiata, dovevo esser sedata. La situazione è continuata per qualche settimana, purtroppo”.
Nel frattempo il marito era deceduto a fine marzo, pochi giorni dopo il ricovero.
“Al mio risveglio continuavo a chiedere come stesse, ma i miei figli mi dicevano che era grave. Quando sono stata meglio me l’hanno comunicato, io però lo avevo capito, ero pronta alla notizia, per quanto possibile. Mi ha dato forza la promessa che gli avevo fatto. Gli avevo assicurato che ce l’avrei fatta e così è stato”.
L’affetto delle nipoti, badando alle distanze
È stato un percorso lungo per Lucia, anche la riabilitazione non è stata delle migliori. La voglia di ritornare a casa però era tanta e la donna e, nonostante non fosse autosufficiente, ha deciso di tornare a Cusago e attivare per sé un servizio di assistenza di un’associazione.
Dai primi di maggio fine a fine mese:
“Non potevo star sola a casa ed ero in quarantena, quindi neanche i miei figli potevano venire, nonostante fossi negativa. Ho iniziato a star meglio verso giugno, in questo sono stata forte, mi sono ripresa del tutto ed in poco tempo, tante ferite ma sono stata fortunata”.
Lucia ha ripreso la sua vita ed il lavoro, la mancanza del marito si fa sentire ma si consola con la presenza della famiglia:
“Ho un po’ di paura nel frequentarli, soprattutto le tre nipoti, ma non riesco a non vederle. Stiamo attenti, dovrei avere gli anticorpi necessari ma la ferita è viva. A chi non rispetta le regole e sminuisce l’emergenza dico che si ravveda, il Covid colpisce duro e se si è sicuri di se stessi, si abbia almeno il rispetto per gli altri e per i più fragili. La mia lotta è stata dura e non la auguro a nessuno”.
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