Attualità
Nessuna violenza contro i cacciatori: sentenza ribaltata sui fatti di Lenta
Il gruppo di animalisti aveva voluto disturbare la battuta di caccia in un’area faunistica. La situazione si fece poi tesa e volarono sputi e spintoni
Nessuna violenza contro i cacciatori: sentenza ribaltata sui fatti di Lenta. Animalisti assolti in appello dalle accuse di lesioni, minacce e violenza nei confronti di un gruppo di cacciatori impegnato in una battuta di caccia al cinghiale in una azienda faunistica di Lenta.
Nessuna violenza contro i cacciatori: la sentenza
La corte di appello di Torino ha infatti ribaltato la prima sentenza nei confronti di undici animalisti, condannati in primo grado a Vercelli nel 2019. I fatti divenuti oggetto di processo risalgono al giugno 2016, un periodo particolarmente teso per quanto riguarda i rapporti tra cacciatori e ambientalisti.
Un gruppo di attivisti si era dato appuntamento nell’area di Lenta per iniziare a disturbare la battuta al cinghiale con grida e facendo trambusto, in modo da allontanare gli animali. Poi sarebbero volati sputi, insulti e spintoni. Undici personaggi «vestiti di scuro sono spuntati all’improvviso dal bosco e ci sono venuti addosso», avevano raccontato i testimoni ricordando quei momenti di tensione.
Nel parapiglia, le denunce
Nel parapiglia che si era creato erano partite denunce e rinvii a giudizio con accuse di minacce e violenza privata ai danni di parte dei partecipanti e dei componenti dell’organizzazione dell’azienda ospitante. Cosa che invece gli animalisti avevano sempre negato, incolpando invece i cacciatori di aver alzato i toni.
Undici attivisti erano stati condannati
Ma a Vercelli in primo grado undici attivisti erano stati condannati a pene comprese tra i 6 e gli 8 mesi e al risarcimento del danno a favore delle parti civili. In appello la sentenza è stata ribaltata. Adesso però quasi tutti gli animalisti, dieci, sono stati assolti dalle accuse. Solo per uno di loro la condanna è stata confermata, ma la pena ridotta a tre mesi dalla Corte d’appello di Torino. La condanna a suo carico in primo grado a Vercelli era stata di otto mesi.
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