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«Nuovo brand Valsesia? mi sembra di risentire cose che ci diciamo da vent’anni»

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Claudio Tedoldi: «Ma questo progetto del “Brand Valsesia” mi pare la solita ripetizione di cose già dette»

«Nuovo brand Valsesia? In realtà non c’è niente di nuovo»

Dall’ex assessore di Comunità montana Valsesia riceviamo e pubblichiamo.

«Si riapre un dibattito antico sul come valorizzare il turismo valsesiano. La domanda è: siamo a un punto di svolta? È stato studiato ed elaborato, con il contributo sicuramente qualificato di una consulenza esterna un piano definito strategico per lo sviluppo del turismo valsesiano. L’ambizione dichiarata è arrivare nel medio periodo a qualificarsi come “Brand Valsesia”. È rispetto a questo obiettivo generale che vanno valutate le diverse risultanze dello studio odierno e le conseguenti scelte operative, senza dimenticare lo stato e cosa si è fatto nel recente passato, per evitare di pestare nel mortaio e/o reinventare l’ombrello.

Purtroppo ciò che appare (da notizie stampa, mi riservo una lettura attenta della ricerca) è una stanca ripetizione di cose già dette, non fatte, dimenticate o forse poco praticabili con l’impostazione data.

Nella presentazione dei promotori si è detto che “lo studio è avvenuto sulla base della consapevolezza di disporre di un potenziale interessante ma ancora poco strutturato, oltre che definito in modo difforme sul territorio”. È un’affermazione-valutazione della realtà locale che si ripete tale e quale a mia memoria da 20 anni. Altri territori piemontesi si sono evoluti riorganizzandosi e hanno determinato dinamiche e raggiunto traguardi d’eccellenza. Noi siamo al palo.

Il problema quindi sta nel manico, nel non aver colto e affrontato nodi di fondo del come configurare lo sviluppo turistico territoriale e del come strutturare di conseguenza una Governance adeguata. Mi chiedo, quest’ultima ricerca ha messo a fuoco queste questioni dirimenti? Sono state valutate in tal senso le dinamiche del recente passato e in corso? È banale ricordare che il turismo è economia complessa di territorio ad alta specializzazione e competizione globale; il tema dell’economia di scala e coerente strutturazione della Governance, del rapporto fra pubblico e privato, era e resta il fattore critico di successo di qualsivoglia strategia territoriale.

Il mandato della committenza ha indicato queste esigenze (viste le criticità oggettive)? Oppure, come io penso, il Gal ha dato per confermato il proprio ruolo esclusivo di “Gestione della partita turistica”. Non è un caso che la definizione geografica della “nuova” strategia sia l’area di pertinenza Gruppo di azione locale.

Ingabbiare a priori le soluzioni (e gli studi) entro confini amministrativi e responsabilità gestionali definite (in questo caso Gal Terre del Sesia), risponde al prevalere di logiche autoreferenziali che contraddicono innanzitutto le buone intenzioni per uno sviluppo qualificato di un Territorio. Nella presentazione del lavoro si è sottolineato la lunga fase di analisi con il coinvolgimento di numerosi e diversificati Stakeholders.

Peccato che non siano stati coinvolti protagonisti come il consorzio Turismo Alto Piemonte, portatore da tempo di una impostazione diversa, centrata sull’innovazione e l’integrazione dell’offerta territoriale a dimensione strategica di Alto Piemonte, più consona allo scenario competitivo globale, soprattutto in tema di Turismo (vedi Abc Turismo).

Si è discriminata la realtà più rappresentativa e attiva da anni degli operatori turistici dell’area del quadrante Biella, Novara, Vercelli, Vco. Si continua in Valsesia ad essere in contraddizione rispetto ai processi evolutivi d’integrazione e riorganizzazione territoriale della Regione Piemonte. Si obietta che quanto è stato fatto ha ricevuto la benedizione dell’assessore al turismo. Attenzione a non confondere atteggiamenti di cortesia istituzionale con condivisione acritica delle scelte locali, una maggior schiettezza in tal senso farebbe bene a tutti. Le scelte concrete della Regione vanno (dico per fortuna) in ben altra direzione: la riconfigurazione delle Camere di commercio, diventate la Camera di commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte (scelta dimensionale e denominazione non a caso); il processo in corso d’integrazione delle Atl provinciali verso la dimensione di quadrante (purtroppo parziale e assai lenta) fatti generali che vanno in una direzione precisa. Localmente gli stessi mini consorzi turistici della Valsesia e di Biella discutono con il riconosciuto Consorzio Turismo Alto Piemonte come fare meglio squadra ed essere finanziati dalla regione.

Tutti eventi e dinamiche che andavano analizzati con spirito aperto e volontà di vera collaborazione (o meglio condivisione), questa sarebbe stata una proficua svolta. Si è invece voluto confermare una fisionomia a geometria ridotta, prima centrata sull’alta valle, poi a dimensione d’intervento Gal. Il classico errore (debolezza) del guardare con presunzione solo al proprio ombelico.

Il mio rammarico è che anche Monterosa 2000, importante struttura pubblica di valenza regionale, si sia fatta coinvolgere in questa logica localistica contraddicendo la propria storia di alta competenza settoriale, di attenta lettura degli scenari generali, di collaborazione istituzionale a tutti i livelli, di capacità d’integrazione interna ed esterna per la valorizzazione del bacino complessivo del Monte Rosa.

C’è comunque uno spazio di recupero, portiamo tutte queste esperienze e studi a confronto, senza pregiudizi, a un tavolo comune.

La Camera di Commercio Monte Rosa Laghi Alto Piemonte (autorevole e neutra per molti aspetti), coinvolgendo anche l’Università del Piemonte orientale, è la scelta più consona da concretizzare.

Primo obiettivo di questo lavoro è ricostruire un sistema oggettivo e trasparente di monitoraggio dei risultati annuali e di medio periodo dell’iniziativa turistica, dei cambiamenti del mercato che hanno impattato su di noi e di come l’offerta locale si sia adeguata. Senza conoscenza critica condivisa non si fa strategia, tutto diventa confuso e opinabile. Secondo obbiettivo, quello chiave, definire chi fa cosa, considerando il rapporto indispensabile fra pubblico e privato, quindi come ci si struttura, quali competenze devono essere garantite, quali sono i modelli di riferimento. La riforma del Turismo Regionale ha puntato molto sul concetto organizzativo di DMO (Destination Management Organization), nostra responsabilità è saper articolare e specificare questo modello innovativo sul territorio, con le adeguate e convinte aggregazioni di tutti».

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