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Serravalle ricorda Silvano tra fede e umanità

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Serravalle ricorda Silvano Bergamo: l’affettuoso ritratto tracciato da Piera Mazzone.

Serravalle ricorda Silvano

Una persona tranquilla, pronta a impegnarsi in prima persona e rendersi utile: Piera Mazzone ricorda così il serravallese Silvano Bergamo. «Era una persona di grande umanità, un vero mite in senso evangelico. La “mitezza” come tale, ed i “miti” che la rivestono di sembianze umane, sono persone che hanno un carattere dolce e misericordioso, disposto alla pazienza e all’indulgenza. Il suo stesso nome di battesimo deriva dal nome latino Silvanus, basato sull’omonimo aggettivo, col significato di “silvano”, “silvestre”, “che vive nella selva”, “che proviene dalla selva”, rimandando ad un mondo naturale in cui l’uomo è ospite rispettoso. Per me era il papà di Arianna, mia compagna di scuola alle medie, con la quale negli anni, pur rarefacendosi le frequentazioni, non si è interrotta l’amicizia. Mi stupiva sempre quella famiglia tutta declinata al femminile: le due nonne, Aurelia ed Emma, la mamma Carmen, le sorelle Manuela e Saragejn, e poi la nipote Natascia, la nipotina Emma. Silvano si era abituato a vivere in un mondo di donne e rassegnato al fatto di poter utilizzare il bagno solo imparando ad essere molto molto mattinieri, eppure ci scherzava sopra».

Momenti difficili

«Trent’anni fa un palo sospeso, cadendo dritto dritto sulla sua testa, gli causò un grave trauma, poi negli anni seguirono tanti altri problemi di salute, eppure Silvano accettava tutto con la fede e la pazienza di Giobbe. La sua abitazione, proprio accanto alla casa parrocchiale e all’oratorio, gli permetteva di dare una mano al parroco quando ce n’era bisogno. Orat et labora, il motto latino in cui si sintetizza la Regola benedettina, gli si addiceva: il suo amore per la terra si traduceva nella cura del giardino parrocchiale e dell’orto, seguiti con pazienza, amore e competenza. Il Sabato Santo era lui che preparava per la veglia del fuoco. Non c’era processione che non avesse il suo supporto. La chiesa parrocchiale era uno dei suoi luoghi del cuore, dove trovava la forza di reagire alle avversità, di non arrendersi. Il suo funerale è stato celebrato proprio nel giorno di Sant’Antonio, il grande santo potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili, patrono dei contadini e degli allevatori e protettore degli animali domestici, un altro segno che riconduce al suo amore per il creato».

Un ricordo grato

«Silvano era un uomo alto e robusto, gli anni e le malattie non l’avevano cambiato: la stessa serenità che aleggiava sul suo volto, si riverberava nel cuore di chi lo avvicinava, portando pace. Il gran numero di persone che hanno voluto salutarlo è la riprova di quanto una presenza attiva e silenziosa si incida nella memoria collettiva, lasciando un grato ricordo.  Mi piace ricordarlo con quello sguardo luminoso della fotografia che lo ritrae durante uno dei pellegrinaggi a Lourdes: marito, padre, nonno buono, che certo non abbandonerà i suoi cari e la nostra comunità parrocchiale».

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