Attualità
Varallo ricorda l’incredibile storia del partigiano che beffò la morte
Varallo ricorda il partigiano Alfredo Baraldo: catturato e torturato, riuscì a sopravvivere alla fucilazione.
Varallo ricorda il partigiano Evaso
Condannato a morte, fucilato e graziato dalla sorte: una volta guarito, tornò a combattere tra i partigiani. L’incredibile storia di Alfredo Baraldo è stata raccontata venerdì a Roccapietra nella sede degli alpini valsesiani. Il presidente sezionale Gianni Mora ha accolto il direttore responsabile dello “Scarpun Valsesian”, il giornalista vercellese Marco Barberis, che ha ricostruito la figura di Baraldo appartenente al distaccamento Mameli, «che a 18 anni e quattro mesi – scrive in una nota Piera Mazzone, direttore della biblioteca di Varallo -, per proteggere 40 compagni che si ritiravano, fu catturato dai tedeschi con Basilio Bianco e portato a Biella all’Albergo Principe, sede del comando tedesco, dove furono sottoposti a interrogatori e torture. Erano i primi partigiani che i tedeschi catturavano e da essi speravano di avere tutte le informazioni. La mattina del 22 dicembre i due partigiani, che non dissero una parola neppure sotto tortura, con un gruppo di civili catturati per rappresaglia, vennero condotti alla fucilazione in piazza San Cassiano oggi piazza Don Bosco. Il plotone sparò: sette corpi caddero a terra, ma Baraldo, nome di battaglia Ciccio, per la giovane età, era ancora vivo e sfuggì anche al colpo di grazia. Dopo una rocambolesca fuga si salvò, arrivò in una farmacia a Chiavazza dove fu medicato e poi si diresse verso casa sua a Vercelli. Ormai guarito dopo 60 giorni tornò nelle formazioni partigiane e il suo nome di battaglia diventò “Evaso”, perché evaso dalla morte».
Le ricerche
Un’incredibile vicenda, dunque, resa nota per la prima volta da Tavo Burat che nel 1980 pubblicò su l’audio-intervista con le domande in biellese e le risposte in vercellese ad Alfredo Baraldo, sottolineando che per lui non ci fu alcuna ricompensa o riconoscimento e, dopo la fine della guerra, riprese il suo lavoro di operaio fuochista all’ospedale di Vercelli. Nel marzo 1995 Marco Barberis intervistò Baraldo ricoverato in ospedale a Vercelli, dove il giorno 9 di quel mese morì per un cancro alle ossa. «Ci furono quattro incontri-intervista registrati in due giorni – prosegue Mazzone -, e proprio quei racconti di grande coinvolgimento emotivo sono stati fatti ascoltare durante la serata a Roccapietra, intervallandoli con alcune letture di un testo scritto da Barberis per contestualizzare la preziosa testimonianza, fatte da Enrico De Maria, ex giornalista de La Stampa, e da Alessandro Orsi, storico valsesiano».
Una storia da raccontare
Il mixaggio e il montaggio del materiale iconografico e sonoro sono stati realizzati da Matteo Rastelli, studente del liceo scientifico di Vercelli, le ricerche sonore sono state curate da Alessandro Uglietti, studente quaronese che frequenta il liceo musicale a Vercelli. Aldo Lanfranchini, responsabile della biblioteca sezionale alpina, si è soffermato su cosa successe dopo l’8 settembre 1943, ricordando la Brigata Garibaldi in Jugoslavia: «Partiti in 20000 tornati in 3000. Per gli alpini tornati a casa la scelta fu tra adesione alla Repubblica Sociale Italiana, combattere con i partigiani, oppure darsi alla clandestinità». Barberis ha spiegato la scelta di raccontare questa storia: «Vorrei che i giovani, i diciottenni di oggi, la conoscessero e riflettessero sulla vicenda di un loro coetaneo e ho scelto la forma multimediale per coinvolgerli maggiormente».
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