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Varallo santuario rinato dopo il saccheggio del 2017

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Varallo santuario torna a nuova vita grazie ai lavori eseguiti dai fedeli dopo il furto.

Varallo santuario in rinascita

Sfregiato dai ladri, torna a nuova vita grazie ai fedeli. A quasi due anni di distanza dal furto sacrilego che nell’estate 2017 dissacrò il santuario dell’Unipiano di Valmaggia, l’antico edificio di culto torna a nuova vita grazie all’opera di un gruppo di parrocchiani. I lavori portati a termine dai volontari a loro spese, in segno di devozione alla Madonna a cui il santuario è dedicato, saranno benedetti e presentati domani in occasione della tradizionale festa dell’Addolorata. Quest’anno la ricorrenza, molto sentita in paese e molto partecipata, avrà dunque un significato particolare. «Ringraziamo tutti coloro che si sono prodigati per rimettere a posto l’altare e la sacrestia che erano stati particolarmente presi di mira dai ladri», dice l’anziano parroco don Luigi Pozzi, che guida le comunità di Valmaggia, Morca e Vocca.

Il furto

Questo furto ha lasciato una profonda ferita nel suo cuore ed è stato vissuto dal sacerdote come una grande offesa alla Madonna. «La cosa peggiore è stato rubare dal collo della Vergine le collanine che i fedeli avevano appeso – afferma don Luigi – e utilizzare la scatola dei fiammiferi, che servivano per accendere le candele, per portarle via, gettando tutti i fiammiferi a terra». Ora al santuario è stato restituito il suo aspetto dignitoso: «E’ stato chiuso il grosso buco sotto la finestra della sacrestia che i ladri avevano fatto per entrare e che allora mi ha fatto piangere – racconta il sacerdote – e ripulita e sistemata la zona dell’altare e la sacrestia, compreso il mobile che avevano danneggiato». Ma delle opere d’arte trafugate dal prezioso altare nessuna traccia: sia le colonne tortili indorate risalenti al Seicento che affiancavano le statue dei santi, sia i simboli della Vergine Addolorata. «Si è trattato sicuramente di un furto su commissione come quello che c’era già stato nel 1966 – sostiene il parroco – e adesso le opere saranno già in qualche bella abitazione. Gli antiquari dovrebbero recitare un “mea culpa”».

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