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«Assurdo che i parenti debbano ancora restare parcheggiati fuori dal pronto soccorso»

Le rimostranze di una donna che ha portato marito e madre all’ospedale di Borgosesia.

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«Assurdo che i parenti debbano ancora restare parcheggiati fuori dal pronto soccorso». Le rimostranze di una donna che ha portato marito e madre all’ospedale di Borgosesia.

«Assurdo che i parenti debbano ancora restare parcheggiati fuori dal pronto soccorso»

Familiari o amici che sono costretti a restare ad attendere fuori dal pronto soccorso in attesa di sapere qualcosa sulla situazione dei loro cari. C’è chi cerca ristoro in un prefabbricato realizzato accanto all’ospedale di Borgosesia e chi invece rimane anche per ore seduto in auto in attesa di ricevere notizie.

E c’è chi non sopporta più queste regole: «E’ una situazione drammatica e assurda: perché non possiamo star vicino ai nostri parenti durante la loro permanenza in pronto soccorso?» si chiede una donna di Trivero che ha voluto esprimere il proprio disappunto.
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Le restrizioni del Covid

Si era in piena emergenza Covid quando una serie di regole erano state introdotte per rendere il più possibile sicuri gli accessi dei cittadini nei presidi ospedalieri. E tra le norme c’era anche quella per cui al pronto soccorso i pazienti non potevano essere accompagnati da familiari, esclusi casi particolari. Adesso l’emergenza è superata da tempo, ma una serie di misure sono rimaste in vigore, anche se magari un poco attenuate. La stretta sulle attese per il pronto soccorso è rimasta in vigore.

«Ho incontrato difficoltà assurde sia quando ha avuto bisogno mia madre, di recente, sia per mio marito in estate – racconta la cittadina di Trivero -. Mia mamma è affetta da una serie di patologie tra cui un principio di Alzheimer. E’ seguita in una struttura della zona. Si è verificata una situazione delicata per cui è stato necessario portarla in pronto soccorso. E ho dovuto sudare non poco per riuscire a convincere il personale sanitario a rimanere accanto a mia mamma».

La mamma entra, i parenti no

Una volta arrivata al presidio con un’ambulanza, la barella che trasportava la cittadina è entrata nei locali e i parenti della signora malata sono stati costretti ad attendere il responso dei medici. Fuori dall’ospedale. «Ho spiegato la situazione di mia madre, l’incapacità di spiegare i farmaci che assume e la sua storia, d’altro canto mi è stato risposto che i sanitari avrebbero valutato loro la questione e che io sarei stata poi contattata in caso di necessità».

E quindi è cominciato il momento in cui i familiari hanno cominciato a pazientare. «Accanto all’ospedale c’è una sorta di container attrezzato per attendere il proprio caro. All’interno dello stabile c’è una macchinetta del caffè e quattro sedie. Non c’è altro. Una serie di cartelli indicano agli utenti di aspettare in quella sede il loro caro. Peccato che ad aspettare i pazienti ci siano molte più persone che alla fine sono costrette ad andare a sedersi nelle proprie auto».

Parenti “accampati” in attesa di notizie

Visto che non è dato sapere quanto tempo ci voglia per avere l’esito delle visite e degli esami dei vari pazienti, la sosta nel parcheggio o nell’area di attesa temporanea non è chiara e definita.

«Ho visto il posteggio riempirsi di veicoli con persone che stanno ore e ore in attesa, soli con se stessi visto che nessuno dà neppure una mezza idea di quanto tempo serva per valutare i singoli casi».
Per quanto riguarda la triverese, alla fine vista la situazione delicata è stato richiesto l’ingresso di un familiare per assistere la parente.

«Mio padre è entrato in pronto soccorso, per stare vicino a mia madre. E’ stato per parecchio tempo. Siamo arrivati tra le 23 e le 24 ed è rimasto lì sino all’alba. Poi ho pensato di dargli il cambio, ho chiesto di entrare e sostituirlo ma non mi è stato concessa questa possibilità. Ho quindi portato mio padre a casa, il tempo di arrivare all’abitazione, sono stata ricontattata dal pronto soccorso per tornare da mia madre. Insomma, una vera odissea». La triverese lancia quindi un appello. «Non è il caso di prendere provvedimenti per venire incontro anche ai parenti dei pazienti?»

 

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