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Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: accuse di caporalato nella filiera del lusso

«Giacche costate 100 euro rivendute a 3000». La maison valsesiana del cashmere (oggi dei francesi Lvmh) coinvolta in un’inchiesta nazionale.

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Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: accuse di caporalato nella filiera del lusso. «Giacche costate 100 euro rivendute a 3000». La maison valsesiana del cashmere (oggi dei francesi Lvmh) coinvolta in un’inchiesta nazionale.

Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: accuse di caporalato nella filiera del lusso

Un anno di amministrazione giudiziaria per Loro Piana Spa, storico marchio con radici valsesiane e stabilimento principale a Quarona. È quanto disposto dal Tribunale di Milano, sezione misure di prevenzione, nell’ambito di un’indagine per sfruttamento del lavoro che coinvolge indirettamente la storica maison del cashmere, oggi controllata dal colosso francese Louis Vuitton Moët Hennessy.

Secondo quanto ricostruito dal pubblico ministero Paolo Storari, Loro Piana avrebbe affidato parte della propria produzione a società terze che, a loro volta, avrebbero subappaltato il lavoro a laboratori gestiti da imprenditori cinesi, accusati di gravi violazioni dei diritti dei lavoratori.

In particooare, il caso ruota attorno alla produzione di giacche in cashmere, realizzate in condizioni definite “di sfruttamento” e vendute nelle boutique del brand a prezzi tra i 1.000 e i 3.000 euro, a fronte di costi di produzione attorno al centinaio di euro per capo.

Il contesto: il nodo etico del lusso

Loro Piana è il quinto marchio del lusso italiano a finire sotto la lente della giustizia per presunte irregolarità nella catena produttiva. Prima di lei, erano finiti nel mirino Giorgio Armani Operations, Alviero Martini Spa, Manufactures Dior e Valentino. Tuttavia, va anche detto che per alcuni di questi nomi le accuse sono state archiviate prima della conclusione del procedimento. Quindi si tratta di accuse ancora da provare.

La filiera sotto accusa

L’inchiesta ha messo in luce una catena produttiva opaca: la produzione dei capi era formalmente affidata alla Evergreen Fashion Group Srl. Evergreen a sua volta subappaltava il lavoro alla Sor-Man Snc di Nova Milanese, che a sua volta lo affidava a due opifici cinesi: Clover Moda Srl (Baranzate) e Dai Meiying (Senago).

In questi laboratori – sempre stando a quanto emerso – operavano lavoratori asiatici in gran parte clandestini, impiegati “in nero”, in ambienti insalubri e privi di dispositivi di sicurezza, con turni massacranti anche notturni e festivi. I dipendenti, secondo gli inquirenti, vivevano in dormitori abusivi e non ricevevano né formazione né assistenza sanitaria.

La responsabilità della maison

Il Tribunale ha disposto l’amministrazione controllata per un anno, una misura che potrà essere revocata se l’azienda adeguerà le proprie pratiche agli standard legali.

Secondo la Procura, la maison non avrebbe mai verificato la reale capacità produttiva delle società appaltatrici, né effettuato ispezioni efficaci lungo la filiera. Il tutto, afferma l’accusa, in un’ottica di massimizzazione dei profitti, con una gestione della supply chain definita “del tutto inadeguata”.

La replica di Loro Piana: “Tenuti all’oscuro dal fornitore, chiuso il rapporto”

La bufera è scoppiata ieri, lunedì 14 luglio. Come riferisce l’Ansa, Loro Piana ha poi rilasciato unaa nota in cui si comunica che la maison «prende atto della notifica ricevuta in data odierna dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano in merito a pratiche lavorative poste in essere da sub-fornitori non dichiarati e non autorizzati», ma sottolinea che «in violazione dei suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha fornito informazioni in merito all’esistenza di questi sub-fornitori fino allo scorso 20 maggio quando è stata messa al corrente della situazione» e «di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore».

Loro Piana – prosegue la nota – «condanna fermamente qualsiasi pratica illegale e ribadisce il proprio continuo impegno nella tutela dei diritti umani» e del rispetto di «tutte le normative vigenti lungo l’intera filiera produttiva» ed esprime «la propria totale disponibilità a collaborare con le autorità competenti in merito alla vicenda e intende fornire il massimo supporto per eventuali ulteriori indagini».

 

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