Cronaca
Fobello addio all’alpino Zelmiro Maffeis: insegnò all’Alberghiero
Fobello addio all’alpino Zelmiro Maffeis: insegnò all’Alberghiero. Reduce di guerra (fu deportato dai tedeschi), chef e insegnante all’istituto alberghiero di Varallo, nonché Cavaliere al merito della Repubblica Italiana. Si è spento mercoledì a 95 anni Zelmiro Maffeis, originario di Roj di Fobello.
Fobello addio all’alpino Zelmiro Maffeis: insegnò all’Alberghiero
«Era stata proprio una bella festa di compleanno per Zelmiro Maffeis quella del 22 settembre 2017, con i Maffeis tutti insieme riuniti all’Agriturismo di Roj per un grande pranzo organizzato dalle figlie Marisa, che insegna all’Isef a Torino e Paola, dietologa con studio a Borgosesia. Per quell’occasione la sorella Luciana, il “Caganì” della famiglia, essendo nata un quarto di secolo dopo, aveva scritto una poesia dedicata a quei 95 anni portati con brio – ricorda Piera Mazzone, direttore della biblioteca civica “Farinone-Centa” di Varallo -. Zelmiro Maffeis era nato il 22 settembre 1922 a Roj di Fobello, primo di sette fratelli e sorelle – dei quali sono ancora viventi Clara, Emma, Remo, Franco, Rosanna, Luciana – per anni aveva insegnato alla scuola alberghiera di Varallo. Aveva imparato a fare il cuoco in un modo molto particolare: da prigioniero dei tedeschi, come raccontava nell’intervista riportata nel volume: “Ciau Pais. 34 storie di Alpini che sono tornati”, curato da Aldo Lanfranchini. Dopo l’8 settembre Zelmiro fu deportato a Kaunas in Lituania, poi in Prussia e in Sassonia, vicino a Dresda. Riuscì a tornare a Fobello dove suonarono le campane, come si usava ogni volta che qualcuno del paese tornava sano e salvo. Lo ricordo come una persona vivace e spiritosa, che manteneva molte relazioni sociali: alla sua veneranda età aveva ancora voluto affrontare l’operazione all’anca per poter camminare, mantenersi indipendente e incontrarsi con i suoi amici. La determinazione e l’innato ottimismo l’hanno sempre sostenuto e sono certa che oggi si avvia con passo spedito verso le cime, dove ci sarà bisogno di una buona paniccia».
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