AttualitàVarallo e alta Valsesia
«Sono pastore in Valsesia, costretto a lottare contro burocrazia e istituzioni»
L’amaro sfogo di un margaro che lavora in un alpeggio in località Oraccio, sopra Fervento.

«Sono pastore in Valsesia, costretto a lottare contro burocrazia e istituzioni». L’amaro sfogo di un margaro che lavora in un alpeggio in località Oraccio, sopra Fervento.
«Sono pastore in Valsesia, costretto a lottare contro burocrazia e istituzioni»
Da un pastore che lavora in un alpeggio sopra Fervento, frazione di Boccioleto, riceviamo e pubblichiamo un appello che riguarda una sua difficoltà, ma che è anche una voce che si alza dalla gente che lavora in montagna e che non vuole essere abbandonata dalle istituzioni.
«Ai gentilissimi lettori di questo giornale, vorrei condividere con voi una storia: la mia storia. Mi chiamo Marino Tosi e faccio il pastore. Sì, il pastore: una professione che al giorno d’oggi, nel modo in cui lo faccio io insieme a mia moglie Maura, va scomparendo, e negli ultimi tempi sto capendo il perché. Noi ogni anno partiamo da Balangera, dove abitiamo e abbiamo una cascina con tutte le comodità, e ci portiamo nel nostro alpeggio in località Oraccio, sopra Fervento: da giugno fino a ottobre la nostra vita è lì».
«Senza comodità, certo, scendendo una volta a settimana per portare i nostri prodotti, burro, formaggio e altri, quelli che ci danno da vivere. Questa non è una lamentela, è la vita che abbiamo scelto, è la vita che ci piace: nulla di meglio dello svegliarci al mattino in questo posto o veder tramontare il sole dalla nostra baita. Ci guardiamo intorno e vediamo i nostri animali che stanno bene, i prati puliti, i sentieri percorribili, accogliamo le persone che passano di qua e che ci fanno i complimenti per il servizio che diamo, nonostante i sacrifici che questa vita comporta».
Una strada che serve ma non si fa
«E allora, direte, che problema hai? Ho compiuto sessant’anni, l’età avanza e il lavoro che amo più di ogni cosa al mondo è sempre più faticoso e per poter proseguire avrei bisogno che si realizzasse il sogno che da qualche anno con il Consorzio Madonna del Sasso stiamo portando avanti: una pista forestale che mi avvicini il più possibile al mio alpe. So per certo che i fondi per questo progetto ci sarebbero, so per certo che ci sono le autorizzazioni e so anche per certo che qualcuno ci sta ostacolando, sostenendo che è una strada inutile».
«Certo, ultimamente le nostre montagne sono state invase da strade inutili, ma non è sicuramente questo il caso. Il nostro progetto non ha la finalità di costruire una strada che andrebbe a rovinare il paesaggio, ma una pista percorribile soltanto da mezzi idonei, riservata ai proprietari terrieri, ai mezzi di soccorso e ovviamente chiusa al traffico normale».
Il muro della burocrazia
«Giorno dopo giorno vedo e mi rendo conto sempre di più delle mille difficoltà che stiamo incontrando per realizzare questa pista, l’insostenibile burocrazia, il mettercisi contro di chi dice di amare il proprio paese e la montagna in cui viviamo e più ancora la mancanza di collaborazione addirittura dell’amministrazione comunale, che dovrebbe essere in prima linea quando si tratta di portare avanti progetti così importanti per la comunità e per l’intero territorio comunale. A conti fatti mi viene da pensare che forse il gioco non valga più la candela e in me si fa strada la voglia di arrendermi e lasciare che la natura si riappropri di quello che con tanta fatica abbiamo creato…»
«Il lavoro del pastore serve a mantenere viva la montagna, a tenerla pulita e a evitare che i prati e i sentieri che piacciono tanto a chi ci va vengano invasi dai rovi, dagli sterpi e dagli alberi abbattuti, ed è quello che succederà a breve se non avrò la possibilità di continuare il mio lavoro dove l’ho fatto finora. Se c’è qualcuno che può intervenire per fare in modo che tutto questo succeda, mi contatti e sono pronto a dare tutte le spiegazioni del caso».
Marino Tosi
Foto d’archivio
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