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A Varallo l’esperienza del parto in casa

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Giulia Fasanino racconta il suo giorno perfetto: “Partorire Antonio in casa è stato bellissimo”

Giulia Fasanino e Michele Smiraglia hanno scelto di dare alla luce il loro piccolo Antonio in casa, alla Mantegna di Varallo. E’ successo il 14 ottobre e si tratta di un’esperienza abbastanza rara. Ma in una lettera aperta la giovane mamma spiega che non si tratta né di eroismo e tanto meno di incoscienza: semplicemente di un’esperienza possibile e sicura, e per lei anche assai gratificante.
«In effetti, sono poche le famiglie che scelgono questa strada – commenta Chiara Cattaneo, una delle ostetriche ha seguito l’evento -. Direi intorno all’uno o due per cento del totale. C’è però un certo interesse a riscoprire questa pratica».

Ed ecco il racconto di Giulia: «Quando ho scoperto di aspettare mio figlio – scrive Giulia – la prima cosa alla quale sono riuscita a pensare, lucidamente, è che avrei voluto prepararmi alla sua nascita. Non solo pensando a quello che gli sarebbe servito, agli spazi da dedicargli in casa: volevo arrivare all’evento nascita nel modo più preparato possibile. Perché avevo una gran paura di affrontarlo, e non c’è modo migliore per sconfiggere i timori di combattere la propria ignoranza con almeno altrettanta cultura. Per questo all’amica che mi ha consigliato di incontrare un’ostetrica («così, per fare due chiacchiere») devo davvero qualcosa che non ha prezzo. Avevo già saputo di donne che avevano scelto la nascita in casa e, complice un’ignoranza paurosa, l’avevo considerata un’alternativa per chi vuole sempre distinguersi dagli altri a tutti i costi, («Se si partorisce in ospedale – dicevo – un motivo ci sarà»). Ma quale motivo, di preciso?

Questo è quello che ho capito al mio primo incontro con l’ostetrica Chiara Cattaneo: nel caso in cui si presentino una gravidanza fisiologica, una mamma in salute e in determinate condizioni che lo permettano, partorire nell’intimità di casa propria è un’opportunità che si può cogliere senza mettere a rischio l’incolumità di nessuno (ovviamente anche questa scelta segue un protocollo e regole ben precise per assicurare sicurezza alla mamma e al bambino), né più né meno di quanto si farebbe in una struttura ospedaliera (lo sancisce l’Organizzazione mondiale della sanità). Ed io ho deciso così di regalare a me e alla mia nuova famiglia un percorso pensato su misura per noi: tanti incontri, tanto ascolto reciproco, poche persone speciali.

Ad assistere alla nascita di Antonio sono state le ostetriche Chiara Cattaneo e Valentina Bonomi, libere professioniste, sempre pronte a rispondere a qualsiasi nostro dubbio. C’era poi la doula Maddalena Berliat, una figura di fondamentale assistenza alla mamma dal concepimento al puerperio che merita di guadagnare popolarità, e c’era il papà Michele.
Nemmeno per un secondo ho avuto paura: avevo piena fiducia nelle professioniste che si stavano prendendo cura di noi, ero a casa mia, ho vissuto in prima persona l’evento più importante della mia vita fino ad oggi, ho potuto credere nella mia capacità di dare la vita grazie alle persone che ho scelto per starmi vicine. In molti si sono complimentati con noi per la scelta che abbiamo fatto, hanno detto che sono stata coraggiosa. Io non penso di esserlo stata più di qualsiasi altra madre: accettare il dolore del parto, accoglierlo perché è ciò attraverso il quale si arriva a mettere fine al dolore stesso, il più intenso mai provato, è il più grande atto di coraggio che una donna deve affrontare per mettere al mondo il proprio figlio; chiamarlo forte e sentirsi andare incontro alla morte, per dare la vita e per cominciarne una nuova, per trovarsi pochi giorni dopo a chiedersi come sia stata possibile una vita diversa.

Essere genitori non è certo un mestiere per cui si studia, ma non dare nulla per scontato e circondarsi di persone competenti in grado di dare consigli che a volte risolvono piccoli-grandi problemi, è un’opportunità da non perdere.
Oggi Antonio è qui con noi e il giorno perfetto in cui è venuto al mondo in via Mantegna non lo dimenticheremo mai».

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