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Celebrati i 35 anni dal primo decollo in parapendio dalla Margherita

L’impresa di Maurizio Saglietti: «Avevo dimostrato che, entro certi limiti, anche con un braccio solo non ci sono ostacoli»

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PARAPENDIO MARGHERITA

Celebrati i 35 anni dal primo decollo in parapendio dalla Margherita . Il 10 luglio 1988 la Valsesia assisteva a una prima assoluta nel settore del volo libero in montagna: il decollo in parapendio dalla Capanna Margherita sul Monte Rosa (a 4554 metri) con atterraggio all’alpe Pile sopra Alagna.

Celebrati i 35 anni dal primo decollo in parapendio dalla Margherita

A pilotare il mezzo era Maurizio Saglietti, gattinarese, all’epoca trentenne. E ora, a 35 anni esatti, quel volo pionieristico è ricordato e celebrato. Gli “amici del parapendio” hanno festeggiato l’anniversario consegnando una targa all’autore dell’impresa.
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L’esperienza di Saglietti

Saglietti, classe 1958, è arrivato a quel volo in parapendio dopo un percorso da paracadutista e soprattutto dopo un incidente stradale che gli ha compromesso il braccio sinistro: «Nel 1977 ho frequentato la scuola di paracadutismo a Pisa e negli anni successivi ho proseguito con i lanci – racconta -. Sino al 1983, quando in un incidente in moto ho perso l’uso del braccio sinistro. Una delle conseguenze è stato dover interrompere i lanci con il paracadute. Ma la passione del volo era rimasta, così mi sono avvicinato al parapendio. Con i dovuti accorgimenti tecnici, dovendo manovrare con un braccio solo, un anno e mezzo dopo ho potuto tornare a staccare i piedi da terra. E da allora ho continuato a staccarli: ho fatto ventidue anni di volo in montagna con il parapendio, smettendo nel 2009, e nel frattempo ho ripreso a lanciarmi col paracadute».

Grande entusiasmo del gattinarese

Con l’entusiasmo per la nuova frontiera raggiunta, il gattinarese si è concentrato su un obiettivo ad alto grado di difficoltà, e soprattutto mai tentato prima, il volo dalla vetta del Monte Rosa: «Il parapendio era una tecnica ancora poco comune, in particolare per l’alta montagna – spiega Saglietti -. C’erano esempi dalla Francia, di voli dal Monte Bianco, non ancora da noi. Mi sono proposto quel traguardo». L’avvicinamento è stato complesso: «Ho dovuto affrontare mesi di allenamento – ricorda -. L’anno prima ero già decollato dalla Piramide Vincent, e per preparare il tentativo dalla capanna Margherita ho effettuato una decina di decolli all’alpe Testanera, per perfezionare l’atterraggio all’alpe Pile».

Finalmente il volo

Il 10 luglio finalmente il volo: «Ho dovuto attendere le condizioni meteo ideali: era la prima settimana buona dopo tre mesi di pioggia – rievoca Saglietti -. Sono salito al rifugio la sera precedente, portandomi tutta l’attrezzatura, per pernottare, e al mattino è giunto il momento. Alle 10 mi sono staccato da terra, e una ventina di minuti dopo sono atterrato all’alpe Pile, davanti ai turisti al rifugio Pastore, sorpresi da quella apparizione fuori programma».

Tutto impresso nella memoria

Del volo non esistono riscontri video, ma tutto è impresso indelebile nella memoria di Saglietti: «Ricordo perfettamente tutto. Anche se era la prima volta in assoluto, non ne ho mai voluto fare un vanto. E’ stata una cosa mia, per piacere personale. Non ho scoperto nulla, sono essenzialmente uno sportivo e quello era un obiettivo di crescita. Ho semplicemente dimostrato che, entro certi limiti e con i dovuti accorgimenti tecnici, anche con un braccio solo non ci sono ostacoli».

Il secondo decollo

Non è stato l’unico decollo dalla Margherita per Saglietti, lo ha fatto altre due volte, l’ultima nel 1994; e altre due volte ha preso ancora il volo dalla Piramide Vincent. Il gattinarese ha ora abbandonato il parapendio: «Ancora mi piace qualche lancio con il paracadute, diciamo che con l’età trovo ora molto più comodo salire in quota con un aereo piuttosto che farmela tutta a piedi con l’attrezzatura».

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