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Continuo via-vai tra i profughi a Gattinara

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Oggi sono 22 i richiedenti asilo ospitati nell’ex palazzina del Sert. Solo due sono tra quelli arrivati nel 2014

Sono 22 attualmente i richiedenti asilo a Gattinara. La questione profughi nella città del vino è tornata alla ribalta nelle scorse settimane per un litigio che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. «Nulla di grave – ha precisato il sindaco Daniele Baglione – una banale discussione passata alle parole grosse, come potrebbe avvenire in qualsiasi altra situazione. Il problema di questi ragazzi, a Gattinara come altrove in Italia, è di tutt’altro genere. E ben più grave».

I richiedenti asilo a Gattinara, tutti di origine africana, non sono gli stessi che arrivarono nella città del vino nel settembre del 2014. «A parte due, impegnati con l’associazione Stop Solitudine in un progetto di sartoria, gli altri giovani sono cambiati». A qualcuno è stato accettato lo status di profugo, per altri, la maggior parte, questo permesso non è arrivato. In ogni caso non sono più a Gattinara. E proprio per questo turn over, spiega il sindaco, diventa difficile, come Comune avviare progetti di volontariato. E infatti per le strade non si vedono più i ragazzi della palazzina ex Sert impegnati nella raccolta delle foglie piuttosto che nella pulizia delle strade. «Questo non significa – aggiunge Baglione – che se ne stiano tutto il giorno con le mani in mano. I più intraprendenti, insieme alla cooperativa Anteo che li gestisce, hanno trovato sbocchi di occupazione volontaria. Qualcuno è impegnato nei centri diurni e nelle case di riposo della stessa cooperativa. Altri, tramite sempre contatti di Anteo, fanno volontariato in realtà produttive locali. Il volontariato per il Comune è stato momentaneamente accantonato perchè stanno facendo altro».

La trafila burocratica per la domanda di asilo politico in Italia ha tempi elefantiaci: ci vuole un anno, un anno e mezzo prima di una risposta delle commissioni, pochissime in proporzione al numero di richieste. Ogni caso è a se stante e deve essere valutato in base agli elementi in possesso. Per lo status giuridico di profugo il richiedente deve fuggire da una guerra o da uno scenario di pericolo; i problemi di natura economica, la povertà, invece non rientrano nei criteri di accoglimento. «Arrivano in prevalenza giovani uomini, – prosegue Baglione – che lasciano al paese magari moglie e figli. Se fossero in fuga da una guerra, porterebbero con sè tutta la famiglia. E così otto su dieci beccano il “no”». In questo caso nel giro di pochi giorni arriva il decreto di espulsione, che però non è coatto. «La maggior parte, di fatto, si rende irreperibile. Chi è colpito da decreto di espulsione non può ottenere un lavoro regolare, né spostarsi liberamente in Europa. Molti, è cronaca, finiscono nella rete della criminalità organizzata, sfruttati nel lavoro nero. E’ un sistema stupido: non può volerci un anno e mezzo per dire ad una persona che non può stare qui. Non ha senso, nè per questi ragazzi, né per gli li accoglie: per 500 giorni sono a carico della collettività e alla fine c’è il rischio altissimo che diventino “merce pregiata” per i sistemi criminali».

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