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Crevacuore ritrova la “lapide proletaria” e mezzo secolo di storia

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Crevacuore ritrova la sua “lapide proletaria” e mezzo secolo di storia. Sono passati 100 anni da quando una formazione fascista arrivata da Novara e dalla Valsesia arriva a Crevacuore fece a pezzi la lapide eretta tre anni prima dai socialisti contro la tragedia della guerra.

Crevacuore ritrova la lapide

Domenica quello che rimane di quella lapide, ricostruita sulla facciata del municipio, sarà inaugurata: la cerimonia è in programma alle 11.45, al termine della messa. Interverranno il parroco monsignor Alberto Albertazzi, l’amministrazione comunale, varie associazioni. E ovviamente tutti coloro che voglio partecipare.

 

La ricostruzione storica

Per capire il senso di quella lapide e mezzo secolo di storia di Crevacuore, nulla di meglio che partecipare domani sera alla presentazione della nuova edizione del libro “Un paese in guerra: la comunità di Crevacuore tra fascismo, Resistenza, dopoguerra”, scritto dal professor Alessandro Orsi. L’appuntamento con l’autore è in programma alle 21 nel salone polivalente. Tra l’altro, durante la serata verrà anche ricordato con vecchie foto la figura di Silvano Stefanoli, partigiano crevacuorese scomparso da poche settimane, figura di grande importanza nella storia recente del paese.

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Professor Orsi, il suo “Paese in guerra” è già alla terza edizione.

Sì, la prima nel 1993, la seconda nel 2001, sempre a cura dell’Istituto storico della Resistenza. E adesso questa, con una serie di revisioni. E’ un libro che parla di vicende accadute a Crevacuore dalla fine della Grande guerra al tragico episodio nel 1956, quando la figlia di una donna fucilata dai partigiani vendicò la madre uccidendo il sindaco Aurelio Bussi. Un episodio che ebbe rilevanza nazionale.

Dal 1919 ad oggi

La lapide fu eretta nel 1919 dai socialisti. Era un cippo contro la guerra, una delle cosiddette lapidi proletarie. Vi erano scritti i nomi dei caduti e frasi come “vincerà il lavoro”. Un modo per dire basta con queste tragedie. Una vera offesa invece per la mentalità interventista e per la propaganda patriottica in stile fascista che stava per concretizzarsi anche in zona.

Il famoso 1922

Un anno di svolta, un anno che cambiò la storia dell’Italia. Ci fu la marcia su Roma, ma in zona ci furono soprattutto le prime vere formazioni fasciste, finanziate anche da importanti industriali. Erano le vere “squadracce”, gente che andava in giro a manganellare, minacciare e menare le mani.

Crevacuore era un paese decisamente “rosso”

Il futuro ministro Giulio Pastore lo definì un paese “rosso scarlatto”. il sindaco dell’epoca era Battista Bertoglio, di fermissima fede socialista.

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Era l’agosto del 1922. In paese calarono miliziani fascisti da Novara e dalla Valsesia, e fecero a pezzi il monumento, ordinando anche al sindaco di dimettersi. Cosa che non fece. A novembre invece ci fu l’assalto alla casa del popolo, quell’edificio rosso che oggi si affaccia sulla rotonda. Fu attaccato da un centinaio di fascisti, ci fu una sparatoria. Le squadracce conquistarono la casa, bruciarono di tutto, buttarono in strada gli strumenti della banda socialista. Il tutto senza che le forze dell’ordine intervenissero, se non a cose fatte.

La cacca ai socialisti

Una vera e propria caccia che costrinse il sindaco e il figlio a scappare in Svizzera, dove aprirono una sorta di ristoro per altri rifugiati. Nel libro poi c’è la parte che riguarda la guerra e quindi la formazione delle prime squadre partigiane, che si formarono proprio nella valle di Postua.

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