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Duecento anni della nostra storia raccontati dall’ospizio Sottile: il nuovo libro di Alessandro Orsi

E’ già un successo editoriale il più recente lavoro dell’autore: «Un viaggio affascinante per chi ama la montagna»

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Duecento anni della nostra storia raccontati dall’ospizio Sottile: è il nuovo libro di Alessandro Orsi. E’ già un successo editoriale il più recente lavoro dell’autore: «Un viaggio affascinante per chi ama la montagna e la vuole vivere al meglio».

Duecento anni della nostra storia raccontati dall’ospizio Sottile: il nuovo libro di Alessandro Orsi

E’ già un successo editoriale il nuovo libro di Alessandro Orsi, distribuito nei giorni scorsi nelle edicole e nelle libreria della zona. Il volume si intitola “L’ospizio del canonico” ed è un omaggio al rifugio Sottile nei duecento anni della sua realizzazione. Costruito a spese del canonico Nicolao Sottile, l’ospizio è stato un punto d’appoggio di enorme importanza per i migranti che dalla Valsesia raggiungevano la valle di Gressoney.

Questa volta un Alessandro Orsi insolito: un libro che quasi non parla della Resistenza…

Sì, davvero… Beh, in realtà si parla anche di quel periodo: non dimentichiamo che l’ospizio Sottile fu bombardato col mortaio dai nazifascisti. Teniamo conto che, di fatto, i due anni della Resistenza sono stati i soli in cui la Valsesia sia stata fra i teatri della grande storia. C’è stato anche Dolcino, ma in realtà di passaggio. Però è vero: questa volta nel mio lavoro la Resistenza lascia spazio a tantissime altre vicende e altri personaggi.

Da dove arriva lo spunto per questo nuovo volume?

Prima di tutto dal fatto che il 2023 segna i 200 anni dalla realizzazione dell’ospizio. Un rifugio che ha rappresentato un punto di riferimento straordinario per tanta gente e per una bella fetta di storia delle nostre valli. E poi c’è anche una vicinanza personale: io per molti anni ho avuto una casa a Riva Valdobbia, e la Val Vogna la conosco benissimo. Non solo: nell’estate 2007 l’istituto alberghiero di Varallo, di cui ero dirigente, prese in gestione l’ospizio, con un gruppo di nostri ragazzi che si cimentarono in questa attività. E’ stata un’esperienza bellissima. Per cui sono personalmente molto legato a quei posti.

Posti nei quali è passata la storia della Valsesia…

Certo: come ho detto, la Val Vogna era la strada degli emigranti che andavano in Valle d’Aosta. Era una strada pericolosissima: in inverno per il freddo, in primavera e autunno anche per le valanghe. Tanti valligiani purtroppo persero la vita. Finché un personaggio eccezionale come Nicolao Sottile si mise d’impegno e, con risorse sue, realizzò questo ospizio sul colle a cavallo tra le due valli.

Ma tutta la Val Vogna ha tantissime storie da raccontare…

E’ una valle che parla della regina Margherita, dell’abate Carestia, altro personaggio incredibile. Oppure delle viaggiatrici anglosassoni che si innamorarono di quei luoghi. Basta guardare lo storico registro degli ospiti del rifugio per rendersi conto dei secoli che sono trascorsi in queste montagne.

Vale a dire?

Sul registro sono annotati anche i pensieri e le emozioni che i viaggiatori hanno voluto lasciare nella loro tappa al Sottile. Quando si leggono gli scritti dell’Ottocento si può vedere quanto rispetto ci sia verso la montagna, quanta delicatezza nell’approcciarsi ad essa, quanto spazio alla contemplazione.

Mentre i diari più recenti?

Oggi la montagna viene vissuta più che altro come un’esperienza insolita. Per dire, c’è chi si lamenta del fatto che il burro portato per la prima colazione è troppo duro e non si spalma bene. Ovviamente sto generalizzando, sia chiaro. Però nel passato alla montagna ci si accostava con la disposizione di lasciarsi affascinare, oggi è soprattutto avventura, sfida. Poi, ripeto, ognuno ha le sua modalità.

Torniamo all’esperienza che l’Alberghiero ha fatto nella gestione dell’ospizio Sottile.

Ci siamo proposti perché quell’anno non si erano presentati altri. Ed è stato bellissimo. A proposito di fascinazione, ricordo una notte limpidissima trascorsa in silenzio a osservare uno spettacolo incredibile di stelle cadenti. Ecco, credo che questa esperienza di gestione abbia insegnato ai ragazzi che la montagna è anche un mondo da contemplare.

Nel libro si parla di Matteo Calzoni, che poi perse la vita a soli 30 anni sulla Cresta Signal.

Sì, era uno di quei ragazzi. Anzi, era lui il vero custode dell’ospizio in quell’estate. Matteo era un ragazzo esuberante, uno spirito libero, uno che dava l’anima in tutto quello che faceva. Era già fortissimo nell’alpinismo, lui correva dove gli altri arrancavano. Pare che ogni secolo la montagna debba portarsi via un custode dell’ospizio.

Gli altri quali erano?

Il primo custode Giacomo Clerino, un personaggio incredibile, viene travolto da una valanga. Stessa sorte per Michele Giacomini.

A chi è rivolto “L’ospizio del canonico”?

E’ rivolto a chi ama la storia e il nostro territorio, un po’ come tutti i miei lavori. E’ anche una sorta di guida per chi vuole vivere e approcciarsi alla Val Vogna con maggiore entusiasmo e consapevolezza. E’ un libro rivolto a chi ama la montagna: la montagna delle escursioni, più che la montagna del grandi alpinismo. Una montagna dove la gente vive, calpesta i sentieri e i pascoli. Una montagna che custodisce una storia collettiva e tante meravigliose storie individuali.
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